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Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov
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Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
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LA TERZA RIVOLUZIONE CINESE
Sulla rivoluzione cinese, la sua natura e le sue prospettive si sono svolte nella IV Internazionale numerose discussioni. Come abbiano già accennato nella prefazione, la portata effettiva degli avvenimenti cinesi a partire dalla fine del '46 fu compresa con ritardo sia dalla direzione internazionale sia dalla organizzazione cinese. Ciò risulta in particolare dalle affermazioni contenute nel testo sulla rivoluzione coloniale del II congresso mondiale e da alcuni articoli comparsi sulla rivista Quatrième Internationale.
Le conclusioni della discussione, già sintetizzate nelle valutazioni dei documenti del congresso del '51, furono espresse organicamente nel testo La terza rivoluzione cinese, approvato dal comitato esecutivo nel giugno 1952 (1). In precedenza il Comitato esecutivo aveva approvato altre due risoluzioni, una nell'aprile del '49 e l'altra nell'aprile del '50. Più tardi si ritornava sull'argomento nel testo Ascesa e declino dello stalinismo (cfr. parte quarta del presente volume).
Il documento del giugno '52, che riproduciamo integralmente, si riferisce a una fase eminentemente transitoria, in cui la rivoluzione non aveva ancora eliminato i vecchi rapporti di proprietà. La definizione di «governo operaio e contadino» è usata appunto nell'intento di indicare questo carattere transitorio. Più precisamente si vuole far risaltare che, nonostante che la distruzione delle strutture borghesi non fosse stata ancora portata a termine e neppure fosse stato liquidato il dualismo di poteri, la Cina aveva rotto irrimediabilmente con gli interessi storici fondamentali delle vecchie classi dominanti e della stessa borghesia.
Per una giusta collocazione delle discussioni di cui si è fatto cenno, si tenga conto che la comprensione della dinamica reale e del significato effettivo del movimento rivoluzionario delineatosi dalla fine del '46 è stata resa più difficile — e per il movimento comunista in generale ancor più che la IV Internazionale — dagli orientamenti e dalle formule di cui i comunisti cinesi si valsero per molti anni, anche dopo l'abbattimento di Ciang Kai-Scek. Basti richiamare che, per tutto un periodo, elemento fondamentale della strategia cinese fu considerata la concezione della cosiddetta nuova democrazia, formulata da Mao Tse-Tung in vari scritti e relazioni e soprattutto in uno scritto del gennaio 1940 (2). Tale concezione consisteva essenzialmente nell'affermare che in Cina era all'ordine del giorno una rivoluzione democratico-borghese e non socialista, che era possibile una collaborazione con la borghesia cosiddetta nazionale e che lo Stato uscito dalla rivoluzione, pur non assumendo le caratteristiche delle tradizionali democrazie borghesi, si sarebbe distinto qualitativamente da un regime collettivistico come quello dell'URSS, rappresentando una specie di tipo storico di transizione del tutto peculiare. Questa prospettiva veniva confermata al congresso del PCC dell'aprile 1945 (e in precedenza dalla risoluzione sulla storia del partito votata dalla sessione del Comitato centrale del 20 aprile dello stesso anno). Al congresso Mao chiariva a più riprese che lo Stato di nuova democrazia sarebbe durato per un lungo periodo di tempo dopo la vittoria rivoluzionaria (3). Nel vivo degli avvenimenti rivoluzionari (dicembre 1947) Mao ribadiva ancora in una relazione al Comitato centrale il carattere moderato della riforma agraria e precisava: «.La rivoluzione della nuova democrazia tende a eliminare il feudalismo e il capitalismo monopolista, la classe dei proprietari fondiari e la borghesia burocratica (la grande borghesia), ma non il capitalismo in generale né la piccola o media borghesia.... Il principio dirigente dell'economia nazionale deve essere quello di raggiungere l'obiettivo generale dello sviluppo della produzione, della prosperità dell'economia, degli interessi sia pubblici che privati e dei profitti sia per il salariato che per il padronato»(4). Sia pure con intonazioni ovviamente diverse, affermazioni analoghe venivano ripetute anche successivamente, per esempio in un discorso del primo aprile 1948 e persino in uno del primo luglio 1949, in cui Mao dichiarava: «La nostra politica attuale consiste nel limitare il capitalismo e non nel distruggerlo » (5).
1. • II significato della vittoria di Mao Tse Tung
1) Dopo quarant'anni di convulsioni, il potere politico dei proprietari fondiari e dei «compradores », strumento dell'imperialismo, è stato distrutto in Cina dalla vittoria militare dell'esercito popolare di liberazione. La costituzione della Repubblica popolare cinese significa la fine dell'epoca storica durante la quale l'imperialismo, alleato alle classi dominanti cinesi, bloccò la realizzazione della rivoluzione borghese in Cina. E' l'inizio della vittoria della III rivoluzione cinese, cioè l'inizio della realizzazione dei compiti storici di questa rivoluzione: liberazione del paese dal controllo imperialista; unificazione nazionale; soluzione della questione agraria; liquidazione di tutte le sopravvivenze feudali e prefeudali sul piano dello Stato, dell'economia, dei costumi, della cultura ecc. La dinamica di questa rivoluzione è la dinamica della sua trascrescenza in rivoluzione socialista. La stessa realizzazione dei compiti democratico-borghesi impone questa trascrescenza sotto un regime di dittatura proletaria.
2) La distruzione del potere di Ciang Kai Scek e del Kuomintang è stata la condizione preliminare necessaria perché venisse iniziata la soluzione dei compiti storici della III rivoluzione cinese. Così, come nel corso della II rivoluzione cinese, è la tesi fondamentale della teoria menscevica della «rivoluzione a tappe» ad essere infirmata. Non mediante l'alleanza col Kuomintang e con la borghesia cinese, ma dopo la conclusione di una lotta sanguinosa contro di essi, i compiti della rivoluzione borghese hanno cominciato ad essere realizzati. Non con l'alleanza con Ciang Kai Scek, ma con la rottura di questa alleanza ha avuto inizio la terza rivoluzione cinese. La teoria trotskista della rivoluzione permanente, difesa con accanimento da 25 anni dai trotskisti cinesi e dal movimento trotskista internazionale, si è trovata così confermata in una delle sue tesi fondamentali.
3) La costituzione della repubblica popolare cinese non e che l'inizio della III rivoluzione cinese. Rappresenta l'inizio di un processo di rivoluzione permanente, che si svolge sotto i nostri occhi. Nessuno dei compiti della rivoluzione cinese è ancora definitivamente risolto. Se la liberazione del paese dal controllo imperialistico è in generale compiuta, non tutto il capitale straniero è stato ancora espropriato. La minaccia imperialista continua a pesare sulla Cina popolare con la presenza degli eserciti imperialisti o al soldo dell'imperialismo, in Corea, a Formosa, nel Viet-Nam e in Birmania, con la presenza della VII flotta americana nelle acque di Formosa e di truppe e di basi imperialiste in Giappone. L'unificazione della Cina è stata in generale compiuta; l'unificazione del mercato nazionale dei prodotti alimentari e dei prodotti di consumo industriale ha, in particolare, realizzato grandi progressi. Hong Kong, Macao, Formosa e alcuni territori controllati dai Russi in zona cinese (particolarmente nell'interno della Mongolia e nel Sin-Kiang) sfuggono in pratica alla giurisdizione del governo centrale. La loro riannessione permetterà la realizzazione totale dell'unità nazionale.
La riforma agraria ha portato alla distruzione della vecchia classe dominante dei proprietari fondiari; questa riforma, tuttavia, non è stata portata del tutto a termine. Nelle regioni di recente liberate, la proprietà dei contadini ricchi sussiste; nelle regioni liberate in passato, essa rinasce potentemente sulla base del processo di accumulazione primitiva. La proprietà privata del suolo, l'acquisto e la libera vendita della terra, portano ad una nuova concentrazione della proprietà nelle mani dei kulak e sottomettono i contadini poveri, come nel passato, all'usura e allo sfruttamento da parte della borghesia. Le sopravvivenze feudali e prefeudali sono state liquidate effettivamente sul terreno economico e giuridico; nella realtà sociale, specialmente dei costumi e della cultura, la loro liquidazione costituisce un lungo processo, di cui sono stati fatti solo i primi passi. Sul piano dello stato, la simbiosi tra la proprietà borghese e le tendenze burocratiche dell'apparato del PCC rappresenta un ostacolo potente a un vero rivolgimento democratico.
4) Così trova conferma ugualmente un'altra tesi fondamentale della teoria della rivoluzione permanente: i compiti della rivoluzione borghese in un paese arretrato come la Cina, non possono essere risolti senza la trascrescenza di questa rivoluzione in una rivoluzione socialista. Perché i compiti storici della rivoluzione cinese siano fondamentalmente realizzati, è necessaria la distruzione della grande proprietà borghese, l'estensione della rivoluzione al di là delle frontiere attuali della Cina continentale, la mobilitazione delle masse operaie nelle città. Il consolidamento del potere rivoluzionario attuale esige che l'apparato statale sia solidamente basato sui comitati veramente democratici degli operai e dei contadini poveri. L'altro termine dell'alternativa storica è il consolidamento dei rapporti di proprietà capitalistici nelle città e nelle campagne, l'infiltrazione del nemico di classe nell'apparato statale e nel PCC, la sua fusione con l'imperialismo e le sue agenzie a Formosa, in Corea, in Birmania e la riapertura, al momento opportuno, della guerra civile per la riconquista del potere statale da parte delle vecchie classi dirigenti:
5) La vittoria di Mao Tse Tung è l'avvenimento rivoluzionario più importante dopo la rivoluzione socialista dell'Ottobrc 1917. Ha sconvolto i rapporti di forza tra le classi in Asia e stimolato potentemente il movimento anti-imperialista nel Vietnam, in Birmania, in Malesia, nelle Filippine, in Indonesia e persino in India, in Giappone e a Ceylon.
Ha dato un terribile colpo alla dominazione mondiale dell'imperialismo e favorito, così, indirettamente, i movimenti anti-imperialisti nel Medio-Oriente, in Africa e in America Latina. Ha modificato i rapporti di forza tra le classi su scala mondiale, obbligato l'imperialismo a rivedere i suoi piani militari, politici ed economici, e determinato una evoluzione dei rapporti di forza internazionali in senso fondamentalmente sfavorevole all'imperialismo. Ha al tempo stesso cominciato a ridurre il grado di controllo del Kremlino sul movimento comunista e sul movimento delle masse in Asia, dove la burocrazia sovietica è stata costretta ad ammettere momentaneamente una condirezione Pechino-Mosca ed un'alleanza Cino-Sovietica su una base di eguaglianza.
II. • Le cause della vittoria di Mao Tse Tung
6) Le vecchie classi dominanti governavano la Cina come agenzie degli imperialisti, essenzialmente gli imperialisti giapponesi, inglesi, americani e francesi. La disfatta totale dello imperialismo giapponese nella seconda guerra mondiale e l'indebolimento estremo dell'imperialismo inglese e di quello francese, hanno dato un colpo mortale alla dominazione dei proprietari fondiari e dei «compradores» in Cina. L'imperialismo americano è divenuto il solo garante dell'ordine borghese nel mondo intero. Incapace di impegnare il suo potenziale militare ed economico su tutti i continenti contemporaneamente, l'imperialismo americano è stato costretto nel 1947-48 a concentrare i propri sforzi nel consolidamento del capitalismo in Europa Occidentale. Il suo ritiro dalla Cina ha dato il colpo di grazia a Ciang Kai Scek.
7) II ritiro dell'imperialismo yankee dalla Cina si spiega tuttavia a sua volta con lo sfasciamento del regime del Kuomintang, isolato da tutte le classi della nazione, impotente ad arrestare l'inflazione galoppante, trascinato ciecamente verso il disastro economico, capace di organizzare solamente una corruzione mostruosa che rendeva anticipatamente inadeguato qualsiasi aiuto americano, e la cui disfatta militare fu precipitata dalla disgregazione degli eserciti contadini sotto l'influenza della riforma agraria di Mao. La decomposizione del potere del Kuomintang, risultato della decomposizione di una società cinese che sopravviveva a se stessa da più di un quarto di secolo e che si dimostrava incapace di risolvere uno solo dei problemi vitali del popolo cinese, ha determinato le condizioni oggettive per la vittoria di Mao.
8) Ma perché questa vittoria fosse effettivamente riportata, non bastavano le condizioni oggettive. Occorreva un mutamento dell'atteggiamento della direzione del PCC sulla questione della conquista del potere in tutta la Cina. Il PCC, impegnato dopo l'agosto 1945 come nel 1925-27 e nel '37 in una politica di collaborazione di classe con la borghesia e con il suo principale strumento, il Kuomintang, è stato spinto a mutare questo orientamento sotto la pressione congiunta delle due principali forze sociali antagoniste: la borghesia, che rifiutò un compromesso e si lanciò in una campagna militare di conquista dei territori occupati dal PCC, e i contadini poveri, che cominciarono a dividere spontaneamente la terra nei territori della Cina Settentrionale.
La modifica dell'atteggiamento del PCC, che passava da una politica di collaborazione con Ciang a una politica di liquidazione del potere del Kuomintang, si è operata progressivamente attraverso le seguenti fasi: a) le direttive del maggio 1946, che autorizzavano una riforma agraria nelle regioni della Cina occupate dal PCC; b) la legge sulla riforma agraria dell'ottobre 1947, proclamata per l'intera Cina; c) il proclama del dicembre 1947 che invitava a rovesciare il governo del Kuomintang.
Questa modifica dell'atteggiamento del PCC è stata favorita dal fatto che la sua direzione ha riempito di contenuto nuovo la vecchia teoria della «rivoluzione a tappe», insistendo più che per il passato sul ruolo dirigente del proletariato sin dalla prima tappa della rivoluzione e sulla integrazione di questa rivoluzione, nonostante il suo carattere democratico-borghese, nella rivoluzione proletaria mondiale.
9) La politica della burocrazia sovietica, lungi dal favorire questa trasformazione dell'orientamento pratico del PCC, ha fatto di tutto per mantenerlo sulle sue vecchie posizioni a) con l'aiuto tecnico accordato a Ciang (partenza delle truppe russe dai centri vitali della Manciuria ritardata sino all'arrivo delle truppe del Kuomintang); b) con la conclusione dell'accordo del 1945 con Ciang; c) con l'occupazione e lo smantellamento industriale della Manciuria che paralizzavano la lotta operaia durante la tappa decisiva della guerra civile; d) con la pressione esercitata sul PCC affinché mantenesse la sua tattica di guerra partigiana e non attaccasse le grandi città; e) con gli sforzi sviluppati dalla diplomazia sovietica per arrivare alla costituzione di un governo di coalizione Ciang-Mao.
Se è vero che l'esistenza dell'URSS e delle democrazie popolari ha oggettivamente facilitato la vittoria di Mao e che l'abbandono alle truppe comuniste di una parte del materiale dell'esercito giapponese catturato dall'esercito russo ha creato delle condizioni militari più favorevoli per questa vittoria, i fattori sopracitati hanno pesato molto di più sulla bilancia. Ciò significa che la vittoria di Mao è stata conquistata in definitiva perché il PCC è stato spinto dal suo orientamento ad agire di fatto al di fuori della direzione indicata dal Kremlino.
III. • Carattere del potere di Mao Tse Tung
10) Né per il suo programma, né per le sue tradizioni, né per la dinamica della sua politica, il PCC può essere considerato un partito contadino. Accettando sul piano teorico il marxismo-leninismo, affermando che il suo obiettivo storico è la costituzione di una società comunista senza classi, educando i suoi quadri in questo spirito come nello spirito di attaccamento all'URSS, il PCC presenta grosso modo le stesse caratteristiche degli altri P.C. staliniani di massa dei paesi coloniali e semi-coloniali. Le sue concezioni strategiche opportunistiche e mensceviche sul «blocco delle 4 classi», «la costruzione di un capitalismo democratico», l'«uguaglianza dei diritti tra capitale e lavoro» ecc. si sono certamente rafforzate durante tutto un periodo per la sua composizione prevalentemente contadina. Queste concezioni hanno impedito il congiungersi della ascesa rivoluzionaria nelle città con la rivoluzione agraria nel 1945-46, determinando così la forma particolare assunta dalla prima fase della rivoluzione. La penetrazione degli elementi kulak nel PCC ha persino potuto trasportare la lotta di classe nelle sue stesse file. Ma in definitiva si è visto che, sottoposto alla pressione delle forze sociali antagoniste, il PCC si è impegnato, sia pure in modo empirico, esitante, contraddittorio, opportunista, sulla via della rivoluzione e non su quella della contro-rivoluzione. Questa è la prova più sicura della natura di classe del PCC come partito operaio, anche se opportunista. L'arresto del reclutamento contadino e la campagna di reclutamento operaio dopo il 1950 hanno sottolineato ancor più il carattere di classe del partito comunista cinese, come lo ha sottolineato la sua politica internazionale complessiva. Nell'epoca dell'imperialismo, non è una guerra contadina, cioè il sollevamento dei contadini sotto una direzione contadina, che può rovesciare il potere della feudo-borghesia in un paese arretrato. Solo una insurrezione contadina centralizzata, capitalizzata e diretta da un partito operaio può cominciare a risolvere i problemi della rivoluzione.
11) La distruzione del vecchio regime nelle campagne è stata dovuta in parte all'azione diretta delle masse lavoratrici contadine, in parte all'azione del nuovo potere, che si appoggiava su una mobilitazione parziale o generale delle masse. Questa trasformazione, diversa da una regione all'altra, legata alle enormi differenze di condizioni sociali nelle diverse regioni del paese, ha prodotto un quadro dei rapporti sociali tra i più variopinti. Ma i tratti dominanti di questi rapporti su scala nazionale sono i seguenti:
a) il potere delle vecchie classi possidenti nelle campagne (proprietari fondiari e semi-feudali del nord, «gentry» nel centro e nel sud) è completamente distrutto; b) dei rapporti di proprietà borghesi sussistono in generale: la libera compravendita della terra, l'accumulazione primitiva illimitata, il trasferimento della maggior parte del capitale accumulato nelle campagne a scopi commerciali e speculativi; c) la proprietà dei contadini ricchi sussiste in certe regioni ed è stata distrutta in certe altre; d) nella Cina settentrionale e centrale le nuove condizioni sociali si sono stabilizzate e portano ad una nuova differenziazione sociale, con la formazione di una classe di kulak che sfrutta la riforma agraria a suo vantaggio sempre più esclusivo; e) nella Cina meridionale le condizioni sociali sono ancora in pieno rivolgimento; la conclusione della riforma agraria vi si combina con i compiti della lotta anti-imperialista, la proprietà fondiaria essendo soprattutto concentrata nelle mani della borghesia; f) nella Cina del Sud-Ovest la riforma agraria è ancora in corso.
12) Nelle città non c'è stato ancora un mutamento fondamentale dei rapporti di proprietà. Il nuovo potere si è impadronito del settore già nazionalizzato dal Kuomintang (vecchia proprietà giapponese) ed ha inoltre nazionalizzato la proprietà delle quattro famiglie monopolizzatrici dell'industria pesante e del commercio estero (dove il monopolio di Stato esiste di fatto). E' soprattutto in Manciuria che questo settore nazionalizzato ha un peso importante. Nel resto della Cina, dove predominano l'industria leggera e il capitale commerciale, la proprietà privata capitalista resta determinante. Dopo un periodo di transizione, dominato dalle esigenze della ripresa economica, il governo centrale ha incoraggiato con parecchi mezzi l'accumulazione e lo sviluppo del capitalismo privato. A questo scopo esso ha imposto restrizioni considerevoli all'azione rivendicativa operaia. Ciononostante, lo sviluppo del movimento operaio sindacale e cooperativo, la introduzione delle assicurazioni sociali, l'arresto progressivo dell'inflazione, la fissazione dei salari sulla base della scala mobile costituiscono vantaggi sostanziali già ottenuti dalla classe operaia. Questi vantaggi favoriscono uno sviluppo progressivo della fiducia in se stesso, dello spirito combattivo e della politicizzazione del proletariato; sviluppo che il corso futuro del PCC sarà obbligato a favorire sempre più.
13) Nel complesso, le relazioni politiche, economiche e sociali, che prevalgono attualmente tra le classi in Cina, costituiscono una situazione particolare di dualismo di potere; e il potere politico, controllato dal PCC, è costretto ad appoggiarsi sempre di più sugli operai e sui contadini poveri. Questa situazione corrisponde alla tappa iniziale della soluzione dei problemi della rivoluzione permanente. Si esprime in pratica nella simbiosi tra il potere politico centrale controllato su scala nazionale dal PCC e il suo esercito, e il potere economico in prevalenza ancora nelle mani della borghesia. La partecipazione dei rappresentanti della borghesia al governo centrale non è una semplice finzione. Se questi rappresentanti non esercitano un potere esecutivo reale, la loro funzione non è quella di ostaggi ma di osservatori, la cui presenza al governo, necessaria per la politica attuale del PCC, riflette il potere reale che la borghesia esercita ancora in numerosi campi. Essi potrebbero pure, in condizioni favorevoli alla borghesia, divenire lo strumento dell'inizio della distruzione del nuovo regime. Il potere economico che la borghesia possiede ancora, agisce come una minaccia costante di corruzione e .di disgregazione dell'apparato statale e dell'apparato del PCC. Più si scende verso i gradini inferiori dell'apparato statale, meno il dualismo di potere è formale e più diviene effettivo.
14) La situazione di dualismo di potere è eminentemente transitoria. Il senso della sua evoluzione è determinato dai rapporti di forza tra le classi sul piano nazionale e internazionale. Il fattore decisivo in questo senso è oggi il ruolo del governo centrale. Questo governo non riflette parallelamente le pressioni delle classi antagoniste, ma, malgrado le sue esitazioni centriste, opera fondamentalmente nel senso della distruzione di quello che sussiste ancora del potere della borghesia. L'elemento decisivo su questo piano, non sono le teorie governative piccolo-borghesi di conciliazione tra capitale e lavoro, ma il senso storico della azione del governo di fronte ai conflitti esplosivi tra le classi, su scala nazionale e internazionale. Definiamo questo governo operaio e contadino, perché, da una parte, ha rotto in pratica con gli interessi storici della borghesia per impegnarsi sulla via della rivoluzione, e dall'altra, non ha ancora portato a termine la distruzione del potere della borghesia né liquidato il dualismo del potere, dall'alto al basso, nell'apparato statale. Questo governo operaio e contadino non sarà che una breve fase transitoria sulla via della dittatura del proletariato, verso cui lo spinge sempre più la dinamica della situazione nazionale e internazionale.
IV. • Prospettive della rivoluzione cinese
15) La caratterizzazione del PCC come partito operaio opportunista, che agisce in un paese semi-coloniale, ha un duplice significato, che riflette i due aspetti fondamentali della sua politica contraddittoria. Ogni passo in avanti sulla via della rivoluzione, il PCC lo compie tra mille esitazioni e in modo completamente empirico. In verità, questi passi si compiono in contraddizione con tutta la sua tradizione ideologica e programmatica e con la sua dottrina ufficiale del momento, la dottrina della «democrazia nuova». Ma il fatto stesso che, spinto dalle immense forze sociali esplosive che lo scoppio della terza rivoluzione cinese ha liberato, il PCC è costretto e sarà costretto sempre di più, a impegnarsi sulla via della rivoluzione permanente, determina la sua natura di classe, il suo ruolo oggettivo. Tutto il bagaglio ideologico menscevico e tutto l'opportunismo che il PCC porta con sé, hanno già recato un enorme danno alla rivoluzione. Hanno determinato l'assenza di sincronizzazione tra l'ascesa operaia (1945-47) e l'ascesa contadina, coscientemente arrestata dal PCC durante quel periodo. Hanno contribuito al riflusso del movimento delle masse nelle città (1947-50), provocato dalla disgregazione della economia. Hanno accumulato le difficoltà sul piano economico a causa del modo incompleto di realizzazione della riforma agraria. Provocheranno in avvenire, senza alcun dubbio, svariate crisi. L'empirismo è uno strumento del tutto inadeguato a realizzare compiti storici così grandiosi come quelli della rivoluzioni. cinese. Ma il fatto di aver cominciato a realizzarli in pratica, resta il criterio decisivo per determinare l'evoluzione futura della politica del PCC, che si urterà sempre di più ai limiti dell'emperialismo, dell'opportunismo, e di false concezioni programmatiche.
16) Questa evoluzione sarà determinata prima di tutto dalla pressione della situazione internazionale, dalla polarizzazione mondiale delle forze di classe in due campi che si scontrano l'uno contro l'altro. Più la guerra si avvicina, più l'imperialismo americano metterà a punto le sue basi di aggressione contro la repubblica cinese in Asia, e più il mantenimento della proprietà privata nell'industria grande e media entrerà in conflitto con le condizioni elementari di sicurezza dello Stato, dato che questa proprietà potrebbe servire di base di partenza per le imprese controrivoluzionarie della borghesia cinese. Questa borghesia deve considerare una vittoria militare dell'imperialismo americano come la sola possibilità di restaurazione del suo potere. Essa non potrà che sabotare con tutti i mezzi la condotta della guerra della repubblica popolare della Cina contro l'imperialismo. Lo scoppio della guerra di Corea, attizzando la guerra civile nel paese, ha già posto il regime di Mao Tse Tung nella necessità di accentuare la sua lotta contro la borghesia come pure la sua svolta a sinistra iniziata nel febbraio 1950 con l'estensione della riforma agraria. Lo scoppio della guerra mondiale segnerà verosimilmente l'inizio di una svolta fondamentale del PCC nei confronti del capitalismo, svolta che condurrà alla liquidazione del dualismo di poteri a tutti i livelli dell'apparato statale. L'esecuzione di una tale svolta e il compimento dell'espropriazione della borghesia cittadina segneranno allora la trasformazione del governo operaio e contadino in dittatura del proletariato. Un insuccesso di questa trasformazione significherebbe verosimilmente una riapertura della guerra civile in Cina; il governo rivoluzionario ed un governo controrivoluzionario si misurerebbero sul territorio stesso del paese e verrebbero così rimesse in questione tutte le conquiste della rivoluzione.
I rapporti di forza tra le classi, molto sfavorevoli all'imperialismo su scala internazionale, e le prospettive di un allargamento sempre più grande delle lotte rivoluzionarie nel mondo, rendono questa seconda alternativa assai improbabile.
17) Più si polarizzano su scala mondiale le forze di classe, più il PCC si vede costretto ad irrigidire la sua posizione verso la borghesia e più sarà obbligato a fare appello alle masse proletarie per sostenere questa politica, non fosse che con una mobilitazione limitata e controllata (cfr. la recente campagna contro lo sperpero e il burocratismo). Ciò sarebbe particolarmente vero nel caso in cui le condizioni sociali fondamentali, inerenti allo stato attuale della Cina e alla politica attuale del PCC, esplodessero violentemente : conflitti tra contadini poveri ed elementi sfruttatori nelle campagne da una parte, conflitti tra operai e capitalisti «democratici» nelle città, dall'altra. Gli stessi successi economici che il nuovo regime riporta, favoriscono in definitiva la maturazione di questi conflitti, anche se ne ritardano un po' la scadenza. La fase che si prepara è una fase di lotta di classe acuta, in cui il PCC sarà costretto ad agire contro la borghesia urbana e rurale. L'immensità del paese, la difficoltà di un controllo centrale e burocratico, la rapida rinascita del capitalismo e dello sfruttamento nelle campagne, la disuguaglianza del ritmo di risveglio rivoluzionario di diecine di milioni di sfruttati, tutti questi fattori ridurranno la possibilità di prolungare ancora per molto la manovra conciliatrice attuale del PCC e precipiteranno una resa di conti finale tra le classi.
18) 11 PCC è entrato nella terza rivoluzione cinese come un partito staliniano, che si emancipava empiricamente dalla direzione del Kremlino. Le forze sociali internazionali e nazionali che agiscono su di esso determinano la trasformazione da partito operaio fondamentalmente opportunista in partito centrista di sinistra, che avanza sulla via del completamento della rivoluzione. Ma queste stesse forze modificheranno la composizione e, in una certa misura, la struttura del PCC La realizzazione della riforma agraria aveva già fatto esplodere l'organizzazione del PCC in numerosi villaggi, dove era basata
su elementi ricchi o Kulak. Lo svolgimento della lotta di classe nel villaggio stimolò una epurazione costante nello stesso senso. Il risveglio delle masse accentuerà sempre di più la penetrazione del proletariato nel PCC. La rottura con la borghesia conferirà verosimilmente l'egemonia all'elemento proletario dal punto di vista della composizione sociale del partito. Questo sconvolgimento costante del PCC, a sua volta contemporaneamente oggetto e soggetto della rivoluzione permanente, allenterà inevitabilmente, almeno durante un periodo transitorio, il monolitismo e il grado di controllo organizzativo dell'apparato. Non è escluso che questo sconvolgimento conduca ad una differenziazione nella direzione stessa del partito. E' più verosimile che quest'ultima, costituita da lunga data, manterrà la sua unità esterna durante tutto il corso ascendente della rivoluzione, e presiederà nella sua grande maggioranza una trasformazione del PCC in un partito centrista di sinistra. Questa trasformazione, rafforzando le assise del potere e del PCC e la sua base nella popolazione lavoratrice, rafforzerà ugualmente la sua autonomia e il suo spirito critico verso il Kremlino. Nello stesso senso giocherà la politica di spoliazione della burocrazia sovietica nelle sue relazioni economiche con la Cina. Prima di una disfatta decisiva dell'imperialismo nel mondo o, almeno, prima di una modifica radicale della situazione mondiale, la rottura pubblica del PCC con lo stalinismo è tuttavia poco prevedibile.
V. - La IV Internazionale e la Rivoluzione Cinese
19) Avendo pienamente assimilato l'importanza storica decisiva dello scoppio della terza Rivoluzione Cinese, la IV Internazionale la difende incondizionatamente contro tutti i nemici di classe. Essa denuncia le manovre economiche, politiche e militari dell'imperialismo, tendenti a impedire la stabilizzazione del potere di Mao Tse Tung e che preparano di fatto una guerra contro-rivoluzionaria di intervento in Cina. Appoggia pienamente la rivendicazione del governo di Mao del ritiro delle truppe imperialiste o al soldo dell'imperialismo da Formosa e dalle regioni limitrofe della Cina: Corea, Vietnam e Birmania. Esige l'abolizione degli ultimi trattati disuguali che legano la Cina alla Gran Bretagna, al Portogallo e all'URSS, il che implica il ritorno alla Cina delle ultime basi straniere nel suo territorio: Hong Kong, Macao, zone d'influenza russe nel Sin-Kiang, nella Mongolia esterna ecc. Sostiene la campagna del governo di Mao per il suo riconoscimento de jure e de facto da parte di tutti gli stati del mondo e per l'entrata immediata nell'ONU come rappresentante del popolo cinese. Esige la fine del blocco di fatto contro la Cina e lo stabilirsi di relazioni commerciali su un piede di eguaglianza tra tutti i paesi e la Cina. Essa fa appello a tutti i governi dei paesi asiatici e a tutte le organizzazioni operaie e sindacali del mondo intero perché elaborino un piano d'insieme di sviluppo economico e d'industrializzazione dell'Asia senza pagamento di tributi agli imperialisti e sulla base dell'aiuto reciproco tra paesi sfuggiti al controllo imperialista. Essa fa appello in particolare alle organizzazioni operaie dell'Europa Occidentale, perché introducano nel loro programma il principio di un aiuto disinteressato in attrezzature industriali alla Cina rivoluzionaria e perché lo mettano in pratica appena siano instaurati governi operai (o operai e contadini) nei loro paesi. Va da sé che i membri cinesi della IV Internazionale saranno all'avanguardia nella difesa delle conquiste della Rivoluzione cinese contro ogni attacco contro-rivoluzionario e parteciperanno ugualmente, all'avanguardia, alla lotta per ogni realizzazione rivoluzionaria intrapresa dal nuovo regime o dalle masse.
20) La IV Internazionale e i trotskisti cinesi appoggiano criticamente il governo di Mao. Ciò implica una critica vigorosa all'orientamento del governo sui punti seguenti: a) sulla struttura dello Stato e sul regime del partito. Lo Stato cinese non ha una struttura sovietica; il governo non si appoggia essenzialmente su comitati di operai e di contadini; dove questi comitati esistono in forma embrionale, non sono stati democraticamente eletti; dove dei comitati sono stati sporadicamente costituiti dalle masse, il loro sviluppo democratico, in generale, è stato arrestato dal governo. La struttura burocratica del partito ha influito su quella dell'apparato statale. La repressione di elementi di opposizione rivoluzionaria deve essere particolarmente condannata; b) sull'identificazione della funzione dei sindacati, del partito e dello Stato in campo industriale. Anche se il mantenimento di un settore capitalista nell'economia è giudicato indispensabile, il ruolo del partito e dei sindacati non può consistere nel proclamare la «uguaglianza tra capitale lavoro». Il loro dovere è di difendere gli interessi di classe degli operai contro i capitalisti; c) sul mancato completamento della riforma agraria, specie sul mantenimento della proprietà dei contadini ricchi e sull'assenza di istituti statali di credito a buon mercato per i contadini; d) sulle concezioni teoriche false della «rivoluzione a tappe», del «capitalismo democratico» etc.
Questa critica deve essere svolta, in generale, in modo costruttivo e con una coscienza netta della realtà economica e sociale del paese. In ogni modo la dittatura del proletariato in Cina dovrà essere accompagnata da un periodo di NEP assai più lungo e più prolungato che non in Russia, senza la soppressione completa della proprietà privata nel campo della piccola industria urbana e contadina, del commercio, dell'artigianato ecc.. Il ritmo di accumulazione industriale per abitante sarà, durante un lungo periodo transitorio, relativamente basso ed essenzialmente in funzione del ritmo di sviluppo delle forze produttive nelle campagne e dell'aiuto dall'estero.
21) Allo scopo di concretizzare la posizione di difesa incondizionata della Repubblica popolare cinese e di appoggio critico al governo di Mao, i militanti cinesi della IV Internazionale dovranno integrarsi completamente nel movimento di massa del loro paese, come è stato deciso dal III Congresso Mondiale della IV Internazionale. Tale integrazione ha come scopo quello di legarsi agli strati più combattivi e più coscienti del PCC e delle altre organizzazioni di massa, di poterli spingere avanti verso il completamento della rivoluzione permanente in Cina e di lottare per la democratizzazione di queste organizzazioni e del potere.
(1) La risoluzione ebbe undici voti favorevoli, uno contrario e tre astenuti (tra gli astenuti un delegato cinese).
2) Cfr. Sulla nuova democrazia in Scritti scelti di Mao Tse Tung, Roma, Roma Rinascita. 1955. vol. III pp. 137 e segg. Cfr. anche pp. 9, 123-127 e 153-154 dello stesso volume e le pp. 392-401 e 421-431 del vol. IV.
(3) Mao affermava persino che sarebbe durato « parecchie decine di anni » (cfr. Politica e strategia p. 34).
(4) Cfr. La nuova democrazia, Edizioni sociali, Milano, 1951, pp. 10-108.
(5) Cfr. op. cit. pp. 125 e 157.
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