Conclusionale dell'avvocato di Isole nella Rete | ||||
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TRIBUNALE DI ROMA SEZ. I^ - DOTT.SSA FANTI – R.G. 34404/01 Nella causa promossa da: ON. AVV. GIULIO CARADONNA Avv.ti Marsilio e Francesco Casale CONTROASSOCIAZIONE “ISOLE NELLA RETE” Avv. Pagani GilbertoECENTRO SOCIALE LA STRADA contumaceCOMPARSA CONCLUSIONALE NELL’INTERESSE DELLA CONVENUTA ISOLE NELLA RETEPREMESSO IN FATTO CHE Con atto di citazione notificato in data 16.5.2001 l’On. Avv. Giulio Caradonna evocava in giudizio per il giorno 28.11.2001 il “Centro Sociale La Strada” e l’Associazione “Isole nella rete” al fine di fare accertare e dichiarare la responsabilità del primo per diffamazione a mezzo internet e della seconda per omessa vigilanza e per sentirli pertanto condannare a favore dello stesso, in solido o ciascuno per quanto ad esso addebitabile, “Al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, a norma degli art. 2050 c.c. (o in subordine 2043 c.c.) e 18 L. 675/96, nella somma che il Tribunale riterrà più idonea equitativamente e/o in base alla comune esperienza e che si indica, salva diversa ed anche maggiore liquidazione, in £ 250.000.000 ” e “Agli interessi come per legge ed alle spese giudiziali”. Previa costituzione della convenuta “Isole nella rete” mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta con cui si chiedeva il respingersi della domanda attorea con vittoria di spese, diritti ed onorari, alla prima udienza svoltasi il 20.11.2001 il Giudice rinviava la causa al giorno 9.4.2002 dando nuovo termine all’attore per la rinotifica dell’atto di citazione al Centro Sociale “La Strada”. In tale udienza, stante la regolarità della nuova notifica effettuata dall’attore, il Giudice dichiarava la contumacia del Centro Sociale “La Strada” e rinviava la causa al giorno 24.9.2002, concedendo termine alle parti per deduzioni istruttorie e rispettive repliche, per poi proseguirne ulteriormente la trattazione alla udienza del 28.1.2003 ove si riservava in merito al deposito di ulteriore documentazione effettuata dalla convenuta Isole nella Rete. Sciolta la riserva, il Giudice disponeva lo stralcio della documentazione di cui sopra tardivamente depositata e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni alla udienza del 30.9.2003 ove la stessa veniva messa in decisione DIRITTO
Il diritto di cronaca, quale causa di giustificazione ai sensi dell’art. 51 c.p. e dell’art. 21 Cost., può dirsi correttamente esercitato allorchè siano rispettati i requisiti di verità, interesse pubblico e correttezza formale dell’espressione (Cass. Pen. 16.03.2000 n.3287). Ebbene, nella vicenda in esame nessuno dei tre principi che regolano l’esercizio di una corretta informazione è stato mai tradito o anche solo manipolato da parte dei convenuti. 1-a) Sulla veridicità dei fatti riportati. Nel corso del presente giudizio sono stati esibiti ben 88 documenti, differenti per natura, origine e periodo di formazione, ma tutti accomunati da un unico elemento storico ben preciso: Nella totalità dei documenti riportati viene costantemente attribuita all’On. Caradonna la paternità di azioni e posizioni concernenti il suo passato di militanza politica che egli oggi rinnega e misconosce e delle quali egli pretende la cancellazione dalla memoria storica collettiva in virtù di un frainteso diritto all’oblio. La veridicità dei fatti riportati sulla pagina web qui incriminata è stata confermata dalle più diverse fonti d’informazione: - Articoli apparsi su quotidiani e periodici nazionali (Doc.3-7ter); - Testi e saggi storici (Doc. 8-14); - Documenti fotografici (Doc. 9 e 10); - Documenti e dossier presenti sulla rete internet (Doc. 15-54); - Citazioni riguardanti la loggia P2 (Doc. 55-82); - Interrogatori formali in atti processuali (Doc. 83-84); - Notizie Ansa (Doc. 86). La mole di documenti prodotti basta da sola a dimostrare (al contrario di ciò che ha sempre sostenuto controparte) che gli eventi riportati nel Dossier ospitato sul sito dell’associazione Isole nella Rete sono il frutto di un lungo ed accurato lavoro di documentazione che si è protratto nel tempo, un’opera di accertamento della realtà storica che ha investito i più diversi campi dell’informazione e non ha trascurato alcuna fonte, persino quelle più politicamente distanti dai redattori della pagina web. Come se non bastasse la veridicità di tali fatti è confermata dagli stessi protagonisti del panorama politico della destra di quegli anni, i quali in più di un’occasione e in pubbliche sedi (interviste su periodici, lanci ANSA, interrogatori in aule di tribunale) hanno espressamente rimarcato le responsabilità dell’On. Caradonna nella conduzione di azioni violente contro studenti ed avversari politici nel periodo che va dal finire degli anni Cinquanta agli inizi dei Settanta. Come non citare per esempio l’intervista (doc.7) rilasciata nel Settembre 2001 dall’On. Buontempo (personaggio che condivide l’appartenenza politica dell’attore, non certo dei convenuti) al periodico “Sette” del Corriere della Sera (quotidiano tutt’altro che “anarcoide” e “ultraprogressista”), nella quale lo stesso On. Buontempo, testimone diretto dei fatti che sono oggi oggetto del contendere, dichiarava : “E in questo si inserì anche un’azione inquietante del MSI quando i suoi dirigenti, capeggiati da Caradonna, vollero entrare nell’università e andarono all’assalto della facoltà di Lettere. Quell’azione della destra contribuì ad allargare il fossato fra noi e la sinistra”. Nella stessa direzione vanno le dichiarazioni rilasciate nel 1996 all’ANSA dall’On. Domenico Gramazio, ove il deputato di Alleanza Nazionale, collega di partito dello stesso attore, sosteneva che “.. nel 1956 l’allora segretario giovanile del Movimento Sociale Italiano, Giulio Caradonna, preparò il famoso attacco alle Botteghe Oscure, al quale parteciparono con la camicia verde, fra gli altri, Vittorio Sbardella, Mario Gionfrida, Romolo Baldoni e tanti altri attivisti del Movimento Sociale Italiano” (Doc. 86). Un’ulteriore menzione meritano le testimonianze rese da Sergio Calore (noto neofascista siciliano legato ad Ordine Nuovo). Interrogato nel 1984 dal PM, Dott. Vigna nel carcere di Ascoli Piceno, e poi nel 2000 durante il dibattimento del processo per la strage di Piazza Fontana (doc. 83 e 84), in entrambe le circostanze il Calore sottolineò il fatto che agli inizi degli anni Settanta l’infiltrazione di elementi avanguardisti (membri del movimento romano di estrema destra denominato Avanguardia Nazionale) nei confronti degli ambienti anarchici romani “era potuta riuscire in tutta la sua efficacia grazie all’intervento di Caradonna nella Università di Roma, allo scopo di sgomberare la Facoltà di Lettere occupata durante il periodo della contestazione. Infatti proprio a seguito dell’intervento di Caradonna ed approfittando dello stato di disorientamento che questa azione aveva provocato negli stessi ambienti della destra extraparlamentare, numerosi avanguardisti erano riusciti ad infiltrarsi nei gruppi della sinistra extraparlamentare, giustificando con l’avvenuta azione di Caradonna la loro conversione”. Queste sono solo alcune delle centinaia di testimonianze concordi che hanno istruito il presente giudizio. Esse dimostrano senza possibilità di equivoco come il Dossier prodotto dal Centro Sociale “La Strada” e ospitato sul sito dell’associazione Isole nella Rete non sia il frutto di tendenziosi vaneggiamenti di gruppi anarcoidi (come tenta disperatamente di farci intendere controparte). È invece opera di una puntuale raccolta e trasposizione di eventi così come sono stati percepiti e testimoniati dagli stessi protagonisti di quei tempi (sia appartenenti a schieramenti di sinistra che di destra), costantemente riportati fino ai giorni nostri da molteplici organi d’informazione, e documentati infine anche attraverso materiale fotografico inconfutabile (doc. 8 e 9). 1-b) Sul principio di continenza formale Anche sotto questo aspetto non può essere mosso alcun appunto alle affermazioni riportate sul dossier del Centro Sociale “La Strada”. In primo luogo il nome dell’On. Caradonna non è accompagnato da epiteti gratuitamente ingiuriosi o da affermazioni scorrette nella forma e nell’espressione, o che ledano la sfera privata del personaggio pubblico. In secondo luogo non viene espresso alcun giudizio di valore sull’attuale personalità del soggetto, che viene invece citato in un episodio intenzionalmente circoscritto del suo passato relativo alla sua pubblica militanza politica. A tal proposito appare sterile il richiamo fatto da controparte alla causa di diffamazione intentata contro i Sig.ri Bocca e Scalfari (nella quale, vale la pena ricordare, sono stati entrambi assolti a pieno titolo), poiché vi è un’enorme differenza semantica tra l’epiteto “picchiatore alla Caradonna”, che, vista la forma lessicale adottata, potrebbe anche esprimere un giudizio di attualità sulle qualità morali del personaggio, e la frase “in via Torino vi era un’altra sezione del MSI (sede principale dei mazzieri della banda Caradonna)” nella quale si narra un singolo fatto circoscritto al passato (e tra l’altro di pubblico dominio, come abbiamo visto dalla mole dei documenti prodotti), senza però avanzare alcun giudizio sulle attuali qualità morali del soggetto. Infine i documenti prodotti in giudizio hanno ampiamente dimostrato che la “cattiva pubblicità” legata all’immagine dell’On. Caradonna negli anni cui fa riferimento il Dossier incriminato, non nasce certo con il Dossier stesso, ma è semplicemente il frutto delle concordi testimonianze dei protagonisti del tempo, facilmente reperibili sui più diversi organi d’informazione. 1-c) Sull’interesse pubblico alla diffusione della notizia. Per soddisfare tale requisito basterebbe ricordare che gran parte del materiale esibito in giudizio è di recente, se non recentissima, produzione, a dimostrazione del fatto che gli episodi rappresentati dalla pagina web incriminata sono tuttora di stretta attualità e di notevole interesse sociale nonostante siano passati più di trent’anni tra le vicende stesse e la loro rappresentazione. A riguardo occorre sottolineare che l’indice temporale è soltanto uno dei molteplici elementi che ci possono indicare l’esistenza o meno di un interesse pubblico alla diffusione di una notizia, e, tra questi, è senz’altro uno dei meno funzionali a tale scopo, poiché fuorviante. Può anzi accadere il contrario, e cioè che col passare degli anni cresca l’interesse delle generazioni successive al repechage di una particolare vicenda, quando essa cessi di essere un semplice fatto di cronaca per diventare un chiaro indice dei costumi politici e sociali propri di un dato periodo storico; così “la riesumazione di notizie del passato, anche se particolarmente gravi per le persone che se ne resero protagoniste, appare legittima ove sia strumentale all’esercizio del diritto di cronaca o di critica di un fatto presente, fungendo ad esempio da termine di comparazione, oppure allo svolgimento di una ricerca storica o all’espressione artistica” (Prof. Giulio Napolitano in un celebre commento alla sentenza del Trib. Di Roma 15.5.95 sul “diritto all’oblio” in Diritto dell’Informatica 1996 pag. 427 e ss.). Alla luce di quanto sin qui esposto, appare evidente che gli eventi riportati nel Dossier del Centro Sociale La Strada non riguardano isolati e datati fatti di cronaca, ma, al contrario, fanno riferimento ad un periodo ben caratterizzato nella storia e nella cultura del nostro Paese (talmente individualizzato da essere definito per appellativi, come “Il Sessantotto” o “La Contestazione”). Un periodo senz’altro tuttora controverso, ma la cui memoria non ha mai smesso di influenzare i più diversi ambiti della società italiana (giustizia, lavoro, politica e cultura, per citarne solo alcuni). Seguendo tale ragionamento non si può che considerare assolutamente attuale e rilevante l’interesse pubblico a riconoscere ed evidenziare i meccanismi sociali e gli eventi storici che influenzarono le relazioni tra i diversi gruppi politici militanti dell’epoca, se non altro perché molti, se non la maggior parte, dei protagonisti di quel periodo hanno oggi un ruolo di primo piano nella politica, nell’economia, nell’informazione italiana.
Ricordiamo inoltre che, accanto al diritto di cronaca, l’art. 21 della Costituzione tutela espressamente il diritto di critica, il quale “costituisce pacifica estrinsecazione del diritto costituzionalmente garantito alla libera manifestazione del pensiero e si caratterizza per il fatto di concretizzarsi nell’espressione di giudizi e valutazioni, piuttosto che nell’esposizione di fatti obbiettivi, fino al punto di sottrarsi alla verifica dell’assoluta obbiettività delle opinioni espresse. Il diritto di critica per la sua natura è parziale, idealmente o ideologicamente orientato e teso ad evidenziare proprio gli aspetti ritenuti negativi o contraddittori del soggetto criticato” (Trib. Milano, 26.5.2001 in Foro Ambr. 2001, pag. 168). Nel diritto di critica sono posti anche limiti più ampi al requisito della continenza formale, “tenendo conto del fatto che l’espressione critica, per sua natura può attingere a forme altrimenti offensive o sgradite al destinatario oppure parole aspre e pungenti purchè correlate ai fatti di cui si tratta” (Trib. Di Milano, 26.5.2001, in Foro Ambr. 2001 ut supra). L’unico principio che mantiene la stessa area d’importanza nel diritto di critica come in quello di cronaca è l’interesse pubblico alla diffusione della notizia, ma la presenza di tale interesse nel caso in esame, come abbiamo visto sopra, è innegabile.
Controparte infine, forse resasi conto dell’impossibilità di qualificare i fatti dedotti in giudizio come diffamazione, vista la presenza di cotante cause scriminanti, chiede di essere lasciata in pace in virtù di un supposto “diritto all’oblio”. Ora, se è vero che la più recente Giurisprudenza ha ammesso il “diritto all’oblio”, quale interesse di un soggetto a restare nell’anonimato dopo il decorso di un ampio termine dai fatti da cui gli era derivata notorietà, il riconoscimento di tale diritto implica la verificazione di due ordini di presupposti essenziali. - Il primo presupposto, di carattere sostanziale perché possa essere riconosciuto il diritto all’oblio, è che non esista più alcun pubblico interesse alla diffusione della notizia (proprio sulla base della verificazione di tale presupposto sono state emesse le sentenze di condanna che hanno fatto da “base giurisprudenziale” al diritto all’oblio e che vengono oggi riportate da controparte). Ma, come abbiamo visto precedentemente, l’interesse storico e socio-culturale alla diffusione dei fatti citati nel Dossier è ancora assai rilevante, quindi, nel caso in esame, l’interesse pubblico alla circolazione dell’informazione permette il superamento dell’interesse individuale all’oblio della notizia, cui si contrappone. - Il secondo presupposto è invece di carattere logico, e potrebbe essere chiaramente risolto in questi termini: per potersi parlare di diritto all’oblio occorre l’esistenza di un oblio, occorre cioè che i fatti narrati siano prima stati rimossi dalla memoria e che il personaggio tornato alla luce della cronaca fosse prima entrato nell’anonimato. È chiaro a tutti che l’On. Caradonna è oggi come allora un personaggio pubblico, e come tale è responsabile delle azioni che pubblicamente compie o ha compiuto. È altrettanto chiaro che le azioni addebitate (e documentate) all’On. Caradonna non riguardano momenti della sua sfera di vita privata, bensì la sua passata pubblica militanza politica, che come tale non può essere in nessun caso rimossa dalla memoria collettiva e per la quale non può essere invocato alcun diritto all’oblio.
Abbiamo chiarito come non possano sussistere dubbi circa l’assoluta inesistenza di alcuna diffamazione posta in essere nei confronti dell’On. Caradonna da parte del sito del Centro Sociale “La Strada” di Roma ospitato dalla convenuta “Isole nella Rete” sul proprio dominio e pertanto la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non ex art. 2043 c.c. dal primo avanzata risulta essere del tutto priva di fondamento. Quanto sino ad ora argomentato sarebbe sufficiente a scagionare completamente i convenuti ma altri punti sono da chiarire. Innanzitutto l’On. Caradonna accusa Isole nella Rete di “omessa vigilanza” e di “non avere adottato tutte le misure idonee a scongiurare il verificarsi del danno”. Rimandando l’analisi di quest’ultima accusa al punto successivo, in quanto esimente esplicitamente prevista dall’art. 2050 c.c., soffermiamoci ora sulla omessa vigilanza del server e sulla solo “presunta” conseguente responsabilità dello stesso. Come è già stato spiegato, Isole nella Rete è un Internet Server Provider che effettua per la precisione un servizio di hosting, mettendo cioè a disposizione degli utenti uno spazio del server al fine di permettere agli stessi di disporne sulla rete internet e di renderlo accessibile a chiunque. La più recente Legislazione – e conformemente Dottrina e Giurisprudenza - sono concordi nel non ritenere possibile ascrivere alcun tipo di responsabilità in capo ad un Provider per gli eventuali illeciti commessi in rete dai propri utenti. A che titolo infatti si vorrebbe ritenere Isole nella Rete responsabile? Esclusa l’ipotesi di applicare in ambito telematico quanto disposto dall’art. 57 c.p., in quanto applicazione analogica vietata in ambito penale, è evidente come non sia altrettanto verosimilmente possibile riconoscere in capo ad Isole nella Rete una responsabilità di tipo “omissivo” ex art. 40 co. 2° c.p., per avere violato l’obbligo di impedire l’evento potenzialmente dannoso e penalmente illecito, in quanto si richiederebbe a tal fine un onere di controllo sulla Rete assolutamente irrealizzabile. Nessun obbligo di vigilanza e di controllo peraltro è previsto ed imposto ai Provider e con Decreto Legislativo del 28.1.2003 è stata recepita la Direttiva Europea sul commercio elettronico (2000/31/CE) al fine appunto di regolare specificatamente l’attività di hosting (oltre che quelle di semplice trasporto “mere conduit” e di “caching” ) e le eventuali forme di responsabilità ad essa connesse ed ove all’art. 17 si afferma chiaramente che “Nella prestazione dei servizi di cui agli art. 14, 15 e 16 il prestatore non è assogettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette e memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite”. E’ questa la logica che sta alla base della tendenza ormai riconosciuta in praticamente tutte le Legislazioni del mondo volta ad escludere un tale tipo di responsabilità in capo agli Internet Server Provider, in quanto pensare che i prestatori intermediari che esercitano una attività di hosting quale quella effettuata da Isole nella Rete possano esercitare un effettivo potere di controllo su tutte le informazioni immesse in rete non è concretamente ipotizzabile e tutte le pronunce in tal senso non fanno altro che confermarlo (Trib. Cuneo 23.6.1997, Trib. Roma, 22.3.1999). A questo punto – lasciando da parte le ovvie ma marginali ipotesi di providers autori stessi di un reato o che agiscono come moderatori di un newsgroup o di una maininglist (Trib. Roma 4.7.1998) - non rimane che eventualmente propendere per una sorta di imputazione a carattere colposo (culpa in vigilando) prevista soltanto “… in quei casi di violazione di quelle norme comuni di prudenza, diligenza e perizia individuate secondo il parametro dell’agente modello qualora da dette violazioni sia scaturito il danno a terzi” (Trib. Firenze 7.6.2001) ma è evidente come anche questa ipotesi non può che essere respinta nel caso di specie. Se da un lato infatti Isole nella Rete, consentendo l’accesso alla rete e fornendo il servizio di hosting, offre effettivamente lo strumento per realizzare un possibile danno, dall’altro nessuna violazione delle comuni norme di prudenza è stata commessa in quanto:
L’On. Caradonna chiede il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e morali subiti a seguito della pubblicazione del dossier in oggetto sulla base del disposto di cui all’art. 2050 c.c. accusando Isole nella Rete di non avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Abbiamo già avuto modo di replicare nel corso del presente giudizio alla assurdità di questa pretesa risarcitoria. L’attore definisce “attività pericolosa” la gestione di un sito che ospita idee politicamente ben definite (ultraprogressiste ed anarcoidi), così come il presunto illegittimo trattamento dei dati personali “sensibili” dello stesso. L’art. 2050 c.c. parla di attività pericolosa “per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati”. Non ritenendo degna di ulteriore commento l’affermazione per cui la promulgazione di particolari idee politiche costituisca una attività in sè pericolosa, è necessario sottolineare come l’accertamento di tale pericolosità – tenuto conto dei mezzi utilizzati - venga fatto non astrattamente ma sulla base di una valutazione concreta di quella che è l’attitudine di tale attività ad arrecare dei danni (Trib. Milano, 22 gennaio 2001 in Gius. 2001, 2893). Attribuire una responsabilità ex art. 2050 c.c. a Isole nella Rete per avere ospitato un sito di tal genere non ha alcun fondamento, non potendo per ovvi motivi essere considerata pericolosa l’attività di hosting svolta dai providers, stante l’esistenza da un lato di un numero praticamente infinito di siti internet e dall’altro l’assoluta esiguità di pronunce giurisprudenziali di condanna. Il giudizio sulla pericolosità inoltre va espresso “… non sulla base dell’evento dannoso effettivamente verificatosi bensì attraverso una prognosi postuma, sulla base delle circostanze di fatto che si presentavano al momento stesso dell’esercizio dell’attività” (Cass. Civ. 30.8.1995 n. 9205 in Giust. Civ. Mass. 1995). Stante l’assoluta ed ormai dimostrata verità di tutte le informazioni contenute nel sito del Centro Sociale La Strada e riguardanti l’On. Caradonna e l’assenza comunque all’interno dello stesso di palesi falsità potenzialmete idonee ad arrecare dei danni, è evidente come sia del tutto impossibile e soprattutto inverosimile dare un giudizio di pericolosità al fatto stesso della pubblicazione del dossier in oggetto. Detto questo è tenuto da conto tutto quanto argomentato al punto precedente in merito agli obblighi di controllo a carico dei providers, è evidente come anche la richiesta di risarcimento ex art. 2050 c.c. fatta da controparte non possa che essere respinta.
La richiesta di risarcimento ex art. 2050 c.c. viene avanzata dall’On. Caradonna anche sulla base della presunta violazione dell’art. 18 L. 675/1996 ove si afferma che “Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 c.c.”. Tutte le informazioni contenute nel dossier del Centro Sociale La Strada e riguardanti l’On. Caradonna riguardano fatti storici e notizie di pubblico dominio riportate su una innumerevole quantità di fonti soltanto una parte delle quali è stato possibile produrre in questa sede. E’ evidente che non vi è stata alcuna violazione di quanto disposto dall’art. 9 L. 675/96 in merito alle modalità di trattamento dei dati personali dell’attore, svoltosi legittimamente ed in modo assolutamente pertinente. Abbiamo d’altronde già discusso a lungo circa la verità delle notizie riportate, l’interesse pubblico delle stesse, la correttezza e l’essenzialità con cui erano state riportate. Questi sono infatti le scriminanti di una condotta potenzialmente diffamatoria che, in quanto costituenti l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito quale quello di cronaca o di critica, giustificano per lo stesso motivo la legittima comunicazione e diffusione di dati personali (Trib. Pescara 5.10.2000 in Cass. Pen. 2001, 2813).
Il Giudice ha disposto lo stralcio del documento n. 88 dal titolo “Rapporto sulla violenza fascista” depositato alla udienza del 28.1.03 valutandolo tardivamente depositato. Ferma restando la notevole importanza anche di questo documento, che si aggiunge alla già ampia ed esaustiva documentazione riguardante il passato dell’On. Caradonna, è doveroso sottolineare come una eventuale mancata assunzione di tale mezzo di prova vada a ledere fortemente la difesa dei convenuti oltre che andare in contrasto con quanto disposto dalle norme in tema di assunzione dei mezzi di prova. Chiare sono le numerose pronunce ove si afferma che “La rimessione della causa al collegio costituisce il limite temporale entro il quale le parti hanno facoltà di produrre nuovi documenti” (Si veda Cass. Civ. Sez. II, 30 marzo 2000, n. 3892 in Giust. Civ. Mass. 2000, 668). E’ evidente come il deposito del documento n. 88, avvenuto alla udienza del 28 gennaio, sia stato effettuato precedentemente alla rimessione della causa da parte del Giudice, avvenuto successivamente a scioglimento della riserva di cui alla udienza stessa. … Per tutto quanto premesso si confida nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni. Milano, novembre 2003 Avv. Gilberto Pagani
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