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Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
LA RIVOLUZIONE UNGHERESE

La dichiarazione sui fatti di Ungheria è stata diffusa mentre ancora si combatteva nelle strade di Budapest, il 5 novembre 1956. Agli avvenimenti ungheresi e a quelli polacchi si riferiva pure ampiamente un manifesto del Comitato esecutivo internazionale per il 39° anniversario della rivoluzione d'ottobre, diffuso il primo novembre dello stesso anno e pubblicato nel Dossier de la déstalinisation.


In Ungheria, la debolezza economica e politica dei dirigenti staliniani ungheresi infeudati al Kremlino e il loro rifiuto burocratico fino all'ultimo minuto di accedere alle richieste e alle aspirazioni profonde delle masse, hanno provocato una sollevazione popolare.
La quasi unanimità della popolazione - operai, studenti, soldati, contadini - ha lottato con le armi contro la mostruosa caricatura del socialismo di Rakosi e Geroe che, negli anni precedenti, era stata tenuta in piedi soprattutto dalle truppe di occupazione sovietiche.
Le masse operaie, come anche quelle contadine, non intendevano certo tornare all'antico regime feudo-capitalista, ma, mancando una direzione rivoluzionaria cosciente, cercavano confusamente la via per una Ungheria socialista, indipendente, libera e democratica.
I cambiamenti verificatisi in Polonia con Gomulka hanno incontestabilmente agito come elementi catalizzatori dei fatti d'Ungheria e come esempio da imitare.
Tuttavia, tra i maggiori crimini dello stalinismo in Ungheria — come del resto in URSS e nelle altre «Democrazie popolari » — è quello di aver frantumato l'avanguardia rivoluzionaria cosciente in tutti questi paesi, di aver combattuto ferocemente ogni altra alternativa politica proletaria legale, di aver staccato le masse, con il regime burocratico e poliziesco del partito monolitico unico, da ogni direzione rivoluzionaria autentica. Questo ha fatto sì che quando le masse, come nel caso dell'Ungheria, passano finalmente all'azione e manifestano apertamente la loro rottura completa con l'apparato burocratico staliniano, la rivoluzione politica iniziata contro la burocrazia nazionale e sovietica rischia di restare per tutto un periodo senza un preciso orientamento proletario.
Di conseguenza, le forze della reazione nazionale e dell'imperialismo possono approfittarne per incanalare tutta l'amarezza, l'esasperazione e l'odio che il regime staliniano provoca necessariamente tra i settori più arretrati del proletariato e dei contadini verso la via della controrivoluzione sociale.
La Rivoluzione ungherese ha perfettamente dimostrato questo pericolo.
Nella sua prima fase, ha incontestabilmente prevalso la corrente antiburocratica proletaria, che ha fatto nascere dalla lotta le forme immortali di ogni vera rivoluzione popolare: i Comitati democratici degli operai, dei contadini e dei soldati.
Una direzione politica rivoluzionaria che fosse stata capace fin dall'inizio di appoggiarsi audacemente su questi Comitati, adottando un programma conforme alle più profonde aspirazioni delle masse — indipendenza nazionale, organizzazione democratica del potere popolare, pianificazione dell'economia tendente a migliorare il livello di vita delle masse in maniera sostanziale e costante — avrebbe avuto enormi possibilità reali di guidare l'azione rivoluzionaria delle masse verso il rinnovamento del socialismo in Ungheria.
Ma i vari rottami del vecchio apparato staliniano in decomposizione, senza appoggio alcuno tra le masse e senza prestigio, si sono visti ben presto ridotti all'impotenza dalle ondate della tempesta popolare, anch'essa priva di direzione.
Tuttavia, sull'evoluzione proletaria della rivoluzione antiburocratica pesavano la presenza, intollerabile per le masse, delle truppe sovietiche e il peso della burocrazia sovietica. Questa presenza esasperava la sensibilità dei lavoratori, ne turbava la coscienza e screditava irrimediabilmente ogni direzione che avesse voluto appoggiarsi ad esse.
E il compiacimento della burocrazia sovietica e dei dirigenti staliniani dei Partiti comunisti di tutto il mondo per la «vittoria» di un «governo operaio e contadino» presieduto da Radar, instaurato dai carri armati sovietici sui cadaveri dei lavoratori ungheresi, non è altro che una confessione di cinismo burocratico e insieme di impotenza e di fallimento.
Nessun regime rivoluzionario può essere imposto in questo modo, contro la volontà democratica della maggioranza delle masse lavoratrici.
La IV Internazionale, pienamente cosciente delle sue responsabilità verso i lavoratori di tutto il mondo, dichiara che spettava ai lavoratori ungheresi, e ad essi soli, mostrare che volevano e potevano difendere il regime sociale contro le forze della controrivoluzione e chiamare eventualmente in loro soccorso gli eserciti di altri Stati operai.
E se eventualmente ciò non fosse avvenuto, malgrado gli evidenti pericoli che questo avrebbe costituito per il regime sociale dell'Ungheria, le conseguenze per l'avvenire del socialismo in Ungheria e nel mondo sarebbero state preferibili all'azione militare decisa, in realtà, dal Kremlino contro la volontà delle masse lavoratrici del paese.
La IV Internazionale si rivolge particolarmente ai lavoratori membri dei Partiti comunisti perché comprendano che se il socialismo si è trovato compromesso in Ungheria e se il pericolo controrivoluzionario è divenuto reale, ciò è dovuto innanzi tutto al disastroso bilancio economico e politico degli staliniani ungheresi che agivano agli ordini del Kremlino.
Non si può rimediare a questo bilancio facendo marciare, in nome di una giustificazione a posteriori da parte della Storia, i carri armati di un esercito straniero contro le masse di un paese senza con ciò deformare il senso stesso del socialismo e comprometterne ancor di più l'avvenire dinanzi ad esse.
Schiacciando nel sangue i lavoratori ungheresi e instaurando di nuovo un regime di fantocci, la burocrazia sovietica — che lotta disperatamente per salvaguardare i propri interessi minacciati dalla ascesa rivoluzionaria delle masse sia in URSS che nelle «Democrazie popolari» e nel mondo intero — non difende né il socialismo né le sue posizioni.
L'avanzata delle masse che si trovano ancora sotto il suo controllo verso la vera democrazia socialista è divenuta ormai irresistibile, e si orienta, malgrado momentanei insuccessi, verso:
— L'abolizione del regime del partito monolitico unico e la legalizzazione di tutte le correnti politiche operaie;
—— La costituzione nelle fabbriche, nei collettivi, nei villaggi, di comitati realmente democratici che rappresentino tutte le correnti politiche operaie;
— Elezioni libere per un parlamento che designi e controlli il governo;
— Sindacati liberi, indipendenti dallo Stato;
— Un piano economico elaborato e portato avanti dalle masse che tenda ali'elevazione sostanziale e costante del loro livello di vita;
— L'indipendenza effettiva di tutti gli Stati operai e la loro alleanza volontaria su un piano di eguaglianza;
— Una nuova Internazionale rivoluzionaria di tutti i lavoratori.

5 novembre 1956

Il Segretariato Internazionale della IV Internazionale