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Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov



Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
DECLINO E CADUTA DELLO STALINISMO

Declino e caduta dello stalinismo fu votato nell'ottobre 1957 dal V congresso mondiale. E' soprattutto un bilancio degli avvenimenti del '56, dal XX congresso agli avvenimenti di Polonia e di Ungheria. Di particolare interesse il capitolo II programma della IV Internazionale per la rivoluzione politica che precisa il significato della nozione di «rivoluzione politica antiburocratica» nel pensiero trotskista e sintetizza i criteri e le indicazioni fondamentali della IV Internazionale circa le strutture, gli ordinamenti e gli strumenti in uno Stato operaio, che si basi effettivamente sul potere democratico degli operai e dei contadini.

Le tesi Ascesa e declino dello stalinismo adottate dal IV Congresso Mondiale della IV Internazionale, applicavano all'analisi della dinamica della società sovietica le conclusioni generali che la IV Internazionale aveva ricavato dal riesame della situazione mondiale effettuato al suo III Congresso Mondiale.
La dittatura della burocrazia sovietica, l'«espropriazione» politica e l'atomizzazione del proletariato dell'URSS erano stati la conseguenza dell'arretramento su scala mondiale delle forze rivoluzionarie dinanzi a quelle della reazione. Esse derivavano inoltre dal rapporto di forze economiche e sociali notevolmente sfavorevoli al proletariato nella stessa URSS. La modificazione fondamentale della situazione internazionale e della situazione interna nell'URSS, caratterizzata da una parte dall'ascesa mondiale delle forze rivoluzionarie dopo il 1943 e soprattutto dopo la vittoria della rivoluzione cinese e dall'altra dal grandioso successo della pianificazione che faceva dell'URSS la seconda potenza industriale del mondo, ha distrutto le basi oggettive della forza e della potenza della burocrazia sovietica.
All'evoluzione dei rapporti di forza internazionali in favore degli strati anticapitalisti doveva corrispondere una evoluzione dei rapporti di forze all'interno dell'URSS in favore del proletariato e a spese della burocrazia. Questa evoluzione aumentava continuamente la pressione delle masse sulla dittatura burocratica, obbligandola a fare delle importanti concessioni dapprima solo in campo economico, in seguito, anche e sempre di più, in campo politico.
Il «nuovo corso» del Kremlino veniva in tal modo considerato non già come un movimento di auto-riforma, ma come un movimento di autodifesa della burocrazia. Il « nuovo corso », pur favorendo e talora precipitando con le sue conseguenze obiettive il risveglio del movimento delle masse, particolarmente con le divisioni che esso creava a tutti i livelli della scala burocratica — non era considerato come un surrogato, ma come una fase preparatoria della rivoluzione politica delle masse contro la burocrazia.
Gli avvenimenti sempre più drammatici, che si sono susseguiti nella stessa URSS, nelle Democrazie popolari e nei PC dei paesi capitalistici dopo il IV Congresso Mondiale, hanno interamente e brillantemente confermato la giustezza di questa analisi, dimostrando che nel movimento operaio internazionale la sola tendenza capace di prevedere e di interpretare correttamente l'evoluzione della crisi mondiale dello stalinismo è il nostro movimento.
Il V Congresso Mondiale della IV Internazionale, di fronte alla fase finale di questo processo che manifestamente si è iniziato in tutto un settore ancora ieri dominato dalla burocrazia sovietica, si prefigge innanzi tutto di definire le condizioni precise della caduta dello stalinismo, le condizioni di uno slancio e di una vittoria del proletariato rivoluzionario sulle rovine della dittatura in sfacelo. Pertanto queste tesi non riprendono né le esposizioni storiche, né le analisi e le definizioni strutturali delle tesi Ascesa e declino dello stalinismo di cui esse sono non già una sostituzione o un correttivo, ma una continuazione naturale e perciò una parte integrante.

I — Il declino e la caduta dello stalinismo nell'U.R.S.S.

1) Dopo il 1953, lo slancio dell'industria sovietica è continuato con un ritmo tale da superare largamente quello dell'incremento dei più avanzati paesi capitalisti. In numerosi campi (combustibili, in particolare petrolio, costruzioni meccaniche; automazione; utilizzazione industriale dell'energia nucleare), l'economia sovietica è riuscita a sormontare i ritardi e le sproporzioni della fine dell'era staliniana, e a realizzare dei progressi che superano tutto ciò che essa aveva ottenuto nel passato. La prima riconversione parziale dell'industria pesante, realizzata nel 1953 a vantaggio di alcuni beni di consumo (orologi, biciclette, televisori, macchine da cucire, lavatrici, ecc.) ha permesso in qualche anno di superare, anche in questo campo, prima tanto trascurato, la produzione di tutti i paesi capitalisti, ad eccezione degli Stati Uniti, e di accrescere sensibilmente il livello di vita delle masse lavoratrici.
Nello stesso tempo, l'economia sovietica continuava a risentire di due sproporzioni che rappresentavano la principale eredità dell'era staliniana: da una parte la sproporzione tra l'industria pesante e l'industria leggera, e dall'altra la sproporzione tra industria e agricoltura. Queste sproporzioni sono la causa principale del fatto che, nonostante l'incontestabile aumento del livello di vita delle masse durante gli ultimi anni, il consumo è rimasto ancora molto inferiore a quello dei paesi capitalisti, che hanno un proletariato industriale proporzionalmente paragonabile a quello dell'URSS. Ciò è particolarmente vero per quanto concerne i prodotti alimentari di qualità (carne, prodotti caseari, frutta), i beni di consumo durevoli (articoli casalinghi, scooters, radio, automobili) e la qualità dei beni di consumo semi-durevoli (abiti e calzature). Più che mai la crisi delle abitazioni resta il motivo di malcontento, quasi universale, della popolazione lavoratrice.
Il ritardo dell'agricoltura in rapporto allo slancio generale della economia, è la maggiore preoccupazione degli attuali dirigenti della burocrazia. Essi si sono sforzati di superarlo e di sopprimerlo: sia scavalcando i contadini colcosiani (cosiddetta politica «delle terre vergini») sia stimolando l'interesse privato dei contadini (adeguamento dei prezzi delle patate) sia minacciando i contadini di sopprimere le ultime vestigia di proprietà privata (attacchi contro gli orti e il bestiame privati). Ma in assenza di una politica di insieme, corretta e coerente, i risultati frammentari, spesso contraddittori, di questi differenti sforzi non permettono di risolvere la crisi agricola come tale.
Le dannose conseguenze della centralizzazione burocratica eccessiva continuano a pesare sull'economia sovietica, malgrado le prime timide misure di decentralizzazione amministrativa nell'industria. Esse sono riassunte nella percentuale, ufficialmente riconosciuta, dei lavoratori produttivi, sull'insieme della mano d'opera sovietica, che non è superiore al 35%. L'insieme di queste contraddizioni e di queste sproporzioni sono un potente freno allo sviluppo delle forze produttive nell'Unione Sovietica.
La sostituzione della gestione burocratica con una gestione democratica dei lavoratori, l'elaborazione, l'adozione e l'esecuzione del piano sotto il controllo delle masse permetterebbe di accrescere considerevolmente la produttività del lavoro, di ridurre le spese inutili e gli sprechi, e di assicurare un livello di vita migliore alla classe operaia e ai contadini lavoratori, senza diminuire il ritmo crescente dello sviluppo economico.

2) Con il miglioramento del livello di vita delle masse, che è stato soprattutto importante nel 1953 e 1954, le rivendicazioni economiche e sociali dei diversi strati sociali, lungi dall'attenuarsi si sono manifestate nel modo più netto ed aperto. Esse hanno sorpassato lo stadio delle rivendicazioni immediate: migliore approvvigionamento, migliore qualità dei prodotti industriali, migliori abitazioni per i lavoratori, più elevati prezzi di vendita allo Stato; maggiore libertà di commercio; forniture industriali a minor costo per i contadini — per raggiungere lo stadio delle rivendicazioni espresse dalla logica sociale delle differenti classi o strati che costituiscono la società sovietica. Pertanto la «liberalizzazione» del regime, momentaneamente frenata dopo la caduta di Malenkov, ha segnato un nuovo progresso nella preparazione, durante e dopo il XX Congresso, che ha visto lo sviluppo parallelo delle due seguenti tendenze:
a) la tendenza della parte più attiva e cosciente del proletariato che reclama innanzi tutto l'eguaglianza, e che tende sempre di più a porre il problema della gestione delle imprese. Questa tendenza ha ottenuto importanti concessioni al XX Congresso, (aumento dei bassi salari, adeguamento delle pensioni, ecc.). Essa ha saputo abilmente sfruttare la «lotta contro il culto della personalità» per combattere il principio del «comando unico» (vale a dire la strapotenza arbitraria del direttore) in seno all'impresa. Essa ha egualmente ottenuto il riconoscimento del principio che il Codice del Lavoro — il più severo di tutto il mondo — deve essere modificato. I tentativi di introdurre una riforma dei sistemi dei salari che — con il pretesto della lotta contro gli eccessi dello stakanovismo e contro il sistema dei premi progressivi — riduce in realtà il salario globale degli operai meglio qualificati — sono stati combattuti con successo. La tendenza proletaria si ispirerà all'esempio dei sindacati, alla loro vera funzione storica: la difesa degli interessi specifici degli operai, — se è il caso — contro l'amministrazione e lo Stato burocraticamente degenerati;
b) la tendenza dei rappresentanti più coscienti degli strati maggiormente privilegiati della burocrazia (direttori di trusts e di azienda, ingegneri capi e generali, ecc.) che cercano di ottenere delle garanzie legali supplementari per i loro privilegi, precisamente nella misura in cui questi sono sempre più discussi dalla pressione e dall'inizio dell'azione delle masse. Questa tendenza aveva avuto successo soprattutto durante il 1955, alla conferenza industriale di Mosca (richiesta e conseguimento del modello di statuto del direttore, aumento delle prerogative del personale direttivo nelle fabbriche), ma la pressione operaia esigendo la revisione del Codice del Lavoro rischia di distruggere una parte di questi vantaggi. La burocrazia ha reclamato e ottenuto al XX Congresso l'estensione del sistema dei premi in favore del personale di gestione. Essa chiede una «liberalizzazione» del Codice Penale in materia economica e ottiene, particolarmente, il diritto di vendita di alcuni beni di produzione per ogni impresa industriale, per cui libera (e legalizza) il mercato semilegale di questi beni e introduce un fattore dissolvente nella pianificazione.
In quanto ai contadini, essi non hanno avuto affatto occasione di formulare in modo articolato delle rivendicazioni sociali a lunga scadenza. Si può tuttavia ritenere che essi intendano innanzitutto conservare e difendere accanitamente il pezzetto di terra privato — sul quale si concentra una parte notevole del loro lavoro — e dal quale ritraggono una parte assai elevata del loro reddito. In tal modo il proseguimento del «nuovo corso» prepara inesorabilmente il grande confronto tra il proletariato e gli strati più alti della burocrazia, confronto che avrà come posta la gestione delle aziende e che porrà inevitabilmente tutti i problemi della struttura e dei controlli dell'economia e dello Stato operaio.

3) Dopo il periodo preparatorio al XX Congresso era divenuto evidente che esisteva la minaccia di una rivolta sul fronte del lavoro intellettuale in URSS. La critica virulenta e giustificata cui furono successivamente sottoposte la produzione cinematografica, teatrale, letteraria, artistica, dell'architettura, scientifica, filosofica ecc. mise a nudo da un canto il lamentevole fallimento dello zdanovismo e dall'altro rivelò l'esistenza della volontà appassionata di una giovane generazione di artisti, di scrittori, di scienziati, di liberarsi dalle «direttive» interessate, ignoranti e contrarie alle esigenze peculiari del loro lavoro. La gioventù intellettuale sovietica ha reclamato la libertà di criticare, di pensare e di creare, e l'ha reclamata in termini così decisi che talune importanti concessioni le si sono dovute fare.
Ma lasciare agli artisti e agli scienziati una libertà di critica di cui non godono invece gli altri cittadini — e soprattutto i lavoratori — in campi politico ed economico economico, significa fare della creazione artistica e della ricerca scientifica uno strumento inevitabile di critica sociale. La portata di questa critica — anche da parte di artisti legati alla burocrazia (es. Ehrenburg) — ha sorpreso e preoccupato i vertici della burocrazia stessa. Ed è da ciò che derivano i suoi sforzi per frenare e persino far tornare indietro la corrente, per ritornare ad un «realismo socialista» «più sincero», per tollerare soltanto quelle critiche che «rispettano la giusta linea generale del Partito». Le vicissitudini della storiografia sovietica che — fino alla vigilia del XX Congresso — era saldamente attaccata alla maggior parte delle leggende staliniane, che poi era sembrata liberarsene totalmente — per ricadere di nuovo sotto la sferza di un Molotov o di altri funzionari ancora più limitati, caratterizzano nettamente gli zig-zag della burocrazia, posta di fronte alle rivendicazioni della libertà di critica da parte degli intellettuali.
Tuttavia, malgrado la resistenza disperata di questa burocrazia, malgrado i passi indietro, gli ostacoli ed anche la reazione che si manifesta in taluni campi, la battaglia per la libertà di pensiero nell'URSS ha ottenuto durante il XX Congresso delle notevoli vittorie, i cui effetti non potranno più essere cancellati. Penetrando inesorabilmente in tutte le fessure e le crepe ormai aperte nella traballante dittatura —lo spirito critico e lo spirito di ribellione penetrerà nel campo dei rapporti politici e vi farà scaturire la scintilla della rivoluzione politica.

4) II XX Congresso ha segnato un punto culminante nella crisi che squassa i vertici bonapartisti della burocrazia sovietica dopo la morte di Stalin, crisi che è a sua volta il riflesso del mutamento fondamentale dei rapporti di forza tra il proletariato e la burocrazia. Sotto la pressione delle masse, e di un malcontento che cominciava ad assumere forme politiche, il gruppo dirigente della burocrazia si è diviso in parecchie tendenze: una tendenza favorevole a maggiori concessioni alle masse (Malenkov-Mikojan?), una tendenza al ritorno alla dittatura (Kaganovic-Molotov?), una tendenza «centrista » (Krusciov-Bulganin?). Di fronte ad un tentativo aperto da parte dei «liberali» di usare a proprio vantaggio l'odio delle masse verso Stalin, ed attaccando anzi, per la prima volta, e apertamente l'autorità del defunto dittatore, Krusciov ha voluto neutralizzare tale manovra, lanciando lui stesso un attacco molto più violento contro Stalin nel suo rapporto segreto.
Così, dopo aver vanamente tentato di addossare a Beria i suoi crimini collettivi, la burocrazia ha trasformato il suo stesso capo nel suo principale capro espiatorio, ottenendo in tal modo un sia pur breve periodo di respiro prima di dover fronteggiare un'opposizione politica. Questa manovra colossale, di portata indubbiamente storica, è stata caratterizzata fin dal principio da tutti i segni della paura, anzi del panico dal quale ha avuto origine. In nessun momento i dirigenti hanno potuto controllare e nemmeno prevedere le forze che in tal modo essi scatenavano. Se essi forse hanno ritardato il manifestarsi di una tendenza di opposizione antistaliniana in seno al P.C. dell'URSS, se essi forse hanno avuto un effimero ritorno di simpatie in taluni ambienti intellettuali e negli strati inferiori della burocrazia, essi hanno nondimeno scatenato un vero e proprio movimento a valanga, che finirà con lo schiacciarli.
Distruggendo in maniera così radicale l'autorità di Stalin, incarnazione dell'autocrazia burocratica, essi hanno definitivamente minato l'autorità e lo spirito del sistema burocratico ad ogni livello. Rivelando cinicamente i crimini mostruosi di Stalin dei quali essi stessi erano stati partecipi, essi hanno distrutto definitivamente l'obbedienza cieca dei militanti comunisti verso i loro dirigenti, e con ciò stesso si sono screditati.
Attribuendo gli orrori denunciati al «culto della personalità» essi non hanno soddisfatto nessuno, anzi hanno aperto la via ad una critica marxista della società sovietica e della sua degenerazione burocratica.
Il XX Congresso ha cosi portato al parossismo la crisi dello stalinismo in vari paesi — e particolarmente nelle «democrazie popolari» dove le masse erano sull'orlo della rivolta. Scatenandovi un movimento che ha affrettato lo scoppio della rivoluzione politica, ha temporaneamente spostato il centro di gravità della lotta fra il proletariato e la burocrazia al di fuori delle frontiere dell'URSS. Ma vanamente, costernata dalle proporzioni delle forze rivoluzionarie in tal modo liberate, la burocrazia ha voluto fare un passo indietro ed ha cercato di frenare la destalinizzazione (estate 1956). Le sue misure intese a ritornare indietro hanno finito per esasperare ancora di più le masse, specialmente in Polonia e in Ungheria, e hanno finalmente messo il Kremlino di fronte alla necessità di reprimere con la forza i movimenti rivoluzionari di massa in questi paesi. Attraverso gli stessi soldati sovietici posti a contatto con questo possente movimento rivoluzionario, l'ondata della rivoluzione politica ritornerà dalle «democrazie popolari» nell'URSS, segnando così la sentenza di morte per la burocrazia ormai agli estremi.
La prima ripercussione della rivoluzione polacca e ungherese è stata, del resto, l'esacerbarsi della lotta interna nella stessa direzione del Kremlino. Minacciato da un blocco temporaneo costituito contro di lui dalla tendenza Malenkov e dalla tendenza Molotov-Kaganovich, messo in minoranza nell'ufficio Politico, Krusciov ha potuto mantenersi al potere solo facendo direttamente appello al Comitato Centrale ed eliminando i suoi avversari della «direzione collettiva». Utilizzando a questo fine i classici mezzi staliniani (calunnie, il fare di ogni erba un fascio, falsificazioni storiche ecc.) ha ancora diminuito il suo prestigio negli ambienti sempre più critici degli strati inferiori della burocrazia e del proletariato. Associando più direttamente una parte dei quadri del Partito alla soluzione delle divergenze ha, a modo suo, contribuito alla politicizzazione delle masse e preparato la tappa successiva nel corso della quale non è escluso che degli oppositori facciano appello, contro di lui, al Congresso e ai militanti del Partito.

5) Così maturano rapidamente in URSS le condizioni obbiettive e soggettive della rivoluzione. Dopo avere perduto l'aureola dell'onniscienza, il Kremlino ha perduto quella dell'onnipotenza. Avendo abbandonato il mantello dell'autocrazia, la burocrazia perde ora la maschera del «liberalismo illuminato». Con una rapidità inaudita la storia obbliga gli eredi di Stalin a mettere in tavola tutte le loro carte e a fronteggiare — per così dire, «a mani nude» — l'assalto delle masse.
Più la pressione popolare aumenta e più le divergenze ai vertici avranno la tendenza ad accentuarsi. La tendenza neostaliniana indicherà nelle concessioni già fatte la causa della spinta in avanti delle masse, e cercherà di fermare la «liberalizzazione» rimettendo in discussione anche le concessioni fatte dopo il 1953. La tendenza «liberale», al contrario, comprenderà che la spinta dal basso andrà sempre crescendo se la dittatura non terrà conto — almeno in parte — delle aspirazioni popolari, e preparerà una nuova ondata di destalinizzazione forse ancor più sensazionale di quella del XX Congresso. L'una e l'altra tendenza tuttavia non cercano che di conservare e di difendere i privilegi della burocrazia nel suo insieme. L'una e l'altra saranno costrette a far appello sempre più spesso all'esercito, unico strumento efficace di repressione — dopo la smobilitazione della polizia —, come arbitro dei loro conflitti.
La temporanea eliminazione di Malenkov e di Molotov-Kaganovich, lungi dal porre fine a questa lotta di frazione la renderà ancora più violenta. Nelle condizioni attuali, quando l'evoluzione dei rapporti di forza è sfavorevole alla burocrazia sovietica e quando le correnti antagoniste nella società hanno la tendenza a riflettersi indirettamente all'interno stesso della direzione burocratica, è impossibile che i vertici bonapartisti della burocrazia accettino di nuovo il regno di un super-arbitro. Mentre il gruppo dirigente continuerà a dilaniarsi e a screditarsi collettivamente agli occhi delle masse con i suoi successivi rapidi voltafaccia, il ruolo di arbitri passerà sempre più nelle mani dei dirigenti dell'esercito, mentre fra i quadri inferiori e medi del Partito, dei sindacati e soprattutto del Komsomol si produrranno le prime cristallizzazioni di tendenze semiproletarie o proletarie tendenti alla restaurazione della democrazia sovietica. E' solo nel momento in cui le masse entreranno direttamente in azione che le grandi correnti sociali troveranno la loro espressione politica in raggruppamenti politici contrapposti.
La crescente tensione fra le masse e la burocrazia, tra le diverse correnti nel seno stesso della burocrazia, fra le aspirazioni dei soldati e la funzione di repressione assegnata all'esercito (Ungheria), si avvicina inesorabilmente ad una esplosione violenta, sia che un gruppo della direzione burocratica sia spinto a fare appello alle masse, sia che queste ultime scendano in piazza per risolvere una questione economica, sociale o politica che le interessa, sia che correnti d'avanguardia in seno alla gioventù, alla classe operaia o anche in seno all'esercito comincino spontaneamente a formulare un programma di rivendicazioni politiche o che infine possa aver luogo una concomitanza o una combinazione fra questi diversi fattori. Comunque la logica della rivoluzione politica prepara uno scontro aperto fra le forze che intendono mantenere le istituzioni fondamentali della dittatura burocratica (partito unico a struttura burocratica; sindacati al servizio dello Stato; onnipotenza dei direttori; carattere formale delle istituzioni rappresentative; grandi differenze nelle retribuzioni) e le masse che vogliono prendere in mano la gestione democratica dello Stato e dell'economia.
Quando la pressione delle masse si trasformerà in azione diretta delle masse stesse, segnerà in tal modo l'inizio della rivoluzione politica nell'URSS.

II — Declino e caduta dello stalinismo nelle democrazie popolari

6) Lo sviluppo economico, sociale e politico delle «democrazie popolari» non è stato parallelo a quello dell'URSS durante gli ultimi anni. Mentre nell'URSS da otto anni produzione, produttività, salari reali e livello di vita della popolazione sono aumentati in modo regolare, anche se ineguale lo sviluppo dell'Europa orientale è stato molto più contraddittorio.
Questo fatto dipende innanzi tutto dalle forme di sfruttamento particolare che la burocrazia aveva introdotte in questi paesi (riparazioni, società anonime sovietiche, società miste, trattati commerciali o tariffe unilateralmente preferenziali ecc.) sfruttamento che ha pesato enormemente sull'economia delle «democrazie Popolari» e che in parte ha neutralizzato gli incontestabili progressi dell'industrializzazione. Se le forme più grossolane di questo sfruttamento hanno incominciato ad essere soppresse dopo la rivolta del 17 giugno 1953 a Berlino, le conseguenze di questa politica si sono mantenute sino ad oggi, particolarmente in materia di politica commerciale.
Il tentativo di applicare ad ognuno dei cosiddetti paesi a «democrazia popolare» lo schema staliniano d'industrializzazione (assoluta priorità dell'industria pesante, maggiore autarchia) doveva avere le conseguenze più nefaste soprattutto in paesi come la Germania Orientale, la Cecoslovacchia e la Polonia che prima d'allora erano stati profondamente legali al mercato mondiale (e lo sono rimasti — sia pure entro certi limiti — fino alla guerra di Corea) ed al «blocco» imperialista.
I tentativi di coordinamento dell'insieme delle economie dei «satelliti» o anche di elaborazione di un piano comune sono stati tardivi, timidi e ispirati all'idea di «completare» singole economie nazionali più o meno autarchiche — e non a quella di una pianificazione comune nel mutuo interesse dei popoli dei paesi a «democrazia popolare».
Il livello di vita più elevato al quale erano abituati, particolarmente gli operai tedeschi e cecoslovacchi, polacchi e ungheresi; l'ostinato attaccamento al proprio pezzo di terra da parte dei contadini tradizionalmente piccoli proprietari; l'esistenza di classi medie urbane più numerose e più solide che in Russia e infine la potenza della chiesa cattolica che ha svolto in quasi tutti questi paesi una funzione di punto principale di convergenza dell'opposizione piccolo borghese e borghese al regime di «democrazia popolare», sono stati fattori che hanno dato fin dall'inizio una maggiore instabilità sociale alla società delle «democrazie popolari» rispetto a quella dell'URSS.
Se a ciò si aggiunge il fatto che i partiti di opposizione sono stati eliminati soltanto da 7 a 8 anni; che gli operai conservano generalmente una tradizione sindacale, che li spinge ad opporsi agli aumenti eccessivi delle norme, con l'arma della resistenza passiva, dello sciopero a singhiozzo e dello sciopero tout court; che la proprietà contadina e l'impresa privata restano predominanti nella agricoltura di tutte le democrazie popolari, si comprende che la pianificazione burocratica si è trovata di fronte a una tensione molto più pericolosa di quella dell'URSS e che a volte ha dovuto registrare un completo fallimento di fronte a quelle difficoltà che essa stessa, in parte, aveva provocato.
Pertanto, la produzione industriale ha avuto un ritmo ineguale se si tiene conto che in qualche anno certi settori hanno segnato una stagnazione e anche un regresso. I redditi reali dei lavoratori sono diminuiti in alcuni periodi (Polonia 1951-52, Ungheria e Germania Orientale 1952-53, Cecoslovacchia 1953) e in numerosi casi hanno subito una stagnazione. Il livello di vita della Polonia e dell'Ungheria nel 1955 è di poco superiore a quello del 1949, e senza dubbio inferiore a quello del 1938, almeno per quanto riguarda gli operai. La Cecoslovacchia ha aumentato durante gli ultimi anni il suo livello di vita. Ma questo livello è stato appena superiore a quello del 1947 e del 1936. Lo stesso si può dire della Germania Orientale che pur avendo fatto notevoli progressi dopo il 1949, resta ancora al disotto del livello 1936, soprattutto poi rispetto a quello della Germania Occidentale. Se in Romania ed in Bulgaria il livello anteguerra è stato largamente superato, ciò è stato in parte ottenuto a prezzo di difficoltà di approvvigionamento in viveri, difficoltà peraltro comuni a tutti questi paesi, un tempo granaio dell'Europa, e che dimostrano il fallimento completo della politica agricola staliniana.

7) Partendo da condizioni obiettive molto diverse da quelle che esistono nell'Unione Sovietica, i rapporti fra le masse lavoratrici e i partiti staliniani al potere — così come i rapporti fra le masse e lo Stato — sono molto più differenziati e contraddittori che in URSS. Infatti, se il PCUS non può più essere considerato come un partito operaio nel senso sociologico del termine (esso è composto in gran parte da burocrati come confermano le statistiche pubblicate in occasione del XIX e XX congresso) ciò non si può dire per i P.C. dei diversi paesi «satelliti» dove continuano a militare la maggioranza degli operai d'avanguardia.
Ed è per questo che tale apparato, terrorizzato dalla paura di un'opposizione popolare, è senza reali mezzi di difesa al di fuori della repressione aperta, e si aggrappa disperatamente all'«amicizia» con la Unione Sovietica (vale a dire la subordinazione al Kremlino) e al «principio del partito monolitico», nella impossibilità di tollerare la sia pur minima falla senza rischiare di perdere il potere.
Così si spiega il fatto paradossale che il primo impulso della «destalinizzazione» è venuto dall'Unione Sovietica, laddove la posizione della burocrazia è relativamente più solida, mentre gli effetti più rivoluzionari di questa «destalinizzazione», si sono fatti sentire nelle «democrazie popolari », dove essa è stata il punto di partenza immediato della rivoluzione politica.
E' necessario tener conto infine dell'accresciuta violenza con la quale la questione nazionale si manifesta in questi paesi. I dirigenti dei partiti staliniani appaiono generalmente come dei quisling imposti da una potenza straniera. L'opposizione all'interno dei PC valorizza il sentimento nazionale. La lotta per «la via nazionale verso il socialismo» acquista così un valore altamente progressivo e rivoluzionario contrariamente ai PC di Occidente dove essa maschera generalmente una svolta verso un opportunismo di destra ormai codificato.
Gomulka in Polonia, Nagy in Ungheria, domani forse Hernstedt o Ackermann nella Germania Orientale diventando agli occhi delle masse dei simboli di una lotta per l'emancipazione nazionale, creano condizioni favorevoli per una nuova popolarità del PC (attraverso le sue tendenze nazionali) e permettono alla rivoluzione politica di mobilitare in suo favore, sotto una direzione comunista di opposizione, il sentimento nazionale, ed è ciò che si è particolarmente verificato in forma classica in Polonia.

8) La rivolta del P.C. Jugoslavo contro il Kremlino nel 1948 è stata la prima fase della crisi internazionale dello stalinismo e l'origine remota della «destalinizzazione», ed oggi continua ad influenzare le relazioni tra le «democrazie popolari» e l'URSS, come pure l'evoluzione interna in tutti questi paesi. Tuttavia, durante l'ultimo periodo questa influenza ha anche rivelato la sua natura profondamente contraddittoria, a sua volta espressione del carattere contraddittorio del Partito Comunista Jugoslavo — partito centrista che si è fermato su una linea di opportunismo e di empirismo, a mezza strada tra lo stalinismo ed il marxismo rivoluzionario.
Nel processo di «destalinizzazione» stimolato dalla burocrazia sovietica, come movimento di autodifesa sotto la pressione delle masse, la direzione del PC Sovietico era obbligata a riproporre presto o tardi il caso del PC Jugoslavo. Il clamoroso viaggio di Krusciov a Belgrado, la clamorosa riabilitazione di Tito, l'assurda spiegazione della crisi sovietico-jugoslava, attribuita alle «mene» del traditore Beria, erano i primi colpi di mazza che la nuova direzione della burocrazia ha dovuto dare all'autorità di Stalin e, di riflesso, alla sua stessa autorità ed a ogni autorità burocratica in seno al movimento comunista. I comunisti jugoslavi furono proprio essi ad insistere perché le vere responsabilità della rottura non fossero attribuite al «caso Beria» ma a Stalin e a tutto il sistema politico vigente in URSS nell'epoca staliniana. Essi hanno svolto nuovamente una funzione fortemente progressiva nel movimento comunista internazionale, durante tutto il periodo cruciale di preparazione del XX congresso del PC dell'URSS.
Nello stesso tempo la riabilitazione del «rinnegato Tito» — improvvisamente fatto oggetto di riguardi maggiori di quelli attribuiti ai vari lacchè Cervenkov, Rakosi, Bierut, Ulbricht e compagni — ha provocato, anche prima del XX Congresso una crisi profonda nei rapporti reciproci fra i Partiti Comunisti e Stati operai com'erano stati concepiti e stabiliti nell'epoca staliniana.
L'idea della fondamentale eguaglianza fra tutti i PC e tutti gli Stati operai, l'idea che bisognava rivedere urgentemente la concezione nazionalistico-piccolo borghese del «ruolo dirigente dell'Unione Sovietica in seno al campo socialista» — l'idea che era cosa nefasta imitare negli altri Stati gli eccessi e gli errori che la burocrazia aveva commesso nell'URSS, si faceva strada rapidamente nei P.C. delle «democrazie popolari», favorendo la formazione di opposizioni «nazionali» e «liberali». E una volta che gli effetti del rapporto Krusciov si aggiunsero a quelli della riabilitazione di Tito, ed erano d'altronde due fatti legati l'uno allo altro indissolubilmente, queste tendenze svolsero un ruolo altamente progressivo, anzi oggettivamente rivoluzionario, in seno ai rispettivi P.C.
Ma dal momento che tali divergenze ai vertici generavano movimenti sempre più violenti alla base e che le masse stesse cominciavano ad intervenire nella lotta politica, la direzione del P.C. jugoslavo cominciando anch'essa a temere la portata delle reazioni popolari — e da motore che era nella destalinizzazione, ne divenne invece un freno — sforzandosi di limitare la destalinizzazione alla sostituzione di un gruppo di dirigenti con un altro (Bulgaria), e richiedendo una semplice «confessione» degli «errori commessi» da parte del gruppo dirigente sempre in carica (Romania).
Il momento di questa trasformazione della funzione del P.C. Jugoslavo nella preparazione della rivoluzione politica può essere collocato nel periodo fra il primo ed il secondo viaggio di Tito in URSS. Non è però solo soggettivamente, ma anche oggettivamente che il P.C.J. è divenuto un ostacolo al pieno e completo sviluppo delle forze rivoluzionarie dell'Europa orientale, anche se l'esperienza iugoslava della gestione operaia delle aziende rimane uno stimolo progressivo; d'altro canto il mantenimento di un rigido regime burocratico e l'assenza di una sufficiente democrazia politica nello Stato e nel Partito Comunista jugoslavo hanno profondamente deluso le opposizioni di sinistra nei Partiti comunisti dell'Europa Orientale alla ricerca di una democratizzazione totale del movimento operaio, prima di tutto nel P.C. polacco. Incontestabilmente in assenza di un esempio vivo e vittorioso di Stato operaio democratico ha notevolmente contribuito, nel caso dell'Ungheria, a impedire una soluzione rivoluzionaria rapida della crisi creata dalla sollevazione popolare del 23 ottobre 1956.
Quando invece la burocrazia sovietica iniziò una grande ritirata nella «destalinizzazione» dopo i fatti l'Ungheria — e quando tentò di condannare tutte le correnti più o meno indipendenti nei PC dell'Europa Orientale — il PC jugoslavo, sentendosi incriminato, si vide costretto a precisare e ad accentuare una volta di più la sua opposizione allo stalinismo ed alla burocrazia sovietica. La violenta offensiva contro il terrore poliziesco riaffiorante in Ungheria, Albania, Romania ecc., la difesa, da principio esitante (discorso di Tito a Pola) poi più decisa e coraggiosa (discorso di Kardelj dinanzi all'Assemblea Nazionale Jugoslava) della rivoluzione ungherese contro l'intervento sovietico, l'appoggio incondizionato dato alla rivoluzione polacca, la parola d'ordine «Tutto il potere ai consigli operai» lanciata dal P.C. jugoslavo per l'Ungheria, dopo che i moti avevano già avuto inizio, hanno un grande significato in questo senso e permettono alle posizioni prese dal P.C. jugoslavo di avere di nuovo una funzione di motore ideologico nel processo di differenziazione all'interno dei partiti comunisti.
La funzione progressiva svolta dalla resistenza che il P.C. jugoslavo ha opposto alle imposizioni staliniane, non è affatto diminuita dall'analisi che precede. Tale funzione appartiene ormai alla storia. Ma è anche vero che la storia ha dimostrato attraverso l'esempio jugoslavo che una politica opportunista empirica, che accumula successi passeggeri alla giornata, può bruscamente trasformarsi in un fattore storicamente negativo quando la marea rivoluzionaria delle masse esige decisioni ben altrimenti audaci e conformi ai principi. Ciò è accaduto una prima volta all'epoca della guerra di Corea — ed è accaduto per la seconda volta durante le settimane cruciali della rivoluzione polacca e ungherese.

9) - La rivoluzione politica in Polonia ha le sue radici non solo nell'insieme delle condizioni obiettive della dittatura burocratica e nei fattori di opposizione nazionale che il Kremlino ha introdotto in questo paese, ma anche nelle magnifiche tradizioni rivoluzionarie del movimento operaio polacco, che si sono manifestate, per così dire, ininterrottamente da mezzo secolo a questa parte.
Spezzando rapidamente l'impalcatura delle idee e dei dogmi staliniani che non sono mai stati assimilati dal P.C. polacco — è bene ricordare che per questa ragione Stalin lo sciolse nel 1938 — la rivoluzione politica in Polonia si è riallacciata ad una tradizione che non trovava uguali se non in quella bolscevica. Da ciò è derivato il livello eccezionalmente alto della coscienza politica della vecchia e della nuova generazione operaia polacca, che ha permesso alla rivoluzione politica, fin dalla sua prima fase, di superare quanto di meglio aveva scritto e fatto il P.C. jugoslavo, nella stessa larga misura in cui questo aveva superato lo stalinismo propriamente detto.
Sotto il potente impulso del XX Congresso del P.C. dell'URSS e favorito da una crisi di direzione che coincise con il XX Congresso (la morte di Bierut), il risveglio della coscienza comunista, alimentato dagli errori economici eccezionalmente gravi commessi dal gruppo staliniano al potere, sfociò rapidamente in una lotta di tendenza per la direzione del partito, parallelamente alla quale si sviluppava una lotta per il ritorno di Gomulka in seno alla direzione.
La libertà di pensiero e di critica esplose violentemente in seno alle organizzazioni operaie incoraggiando le manifestazioni pubbliche del malcontento operaio. Se la pressione delle masse spiega la «democratizzazione», la «democratizzazione» ha trasformato la pressione in azione diretta delle masse. Ed è proprio così che si è verificato lo sciopero di Poznan, risposta del proletariato ad una politica economica e sociale insensata, che calpestava gli interessi più immediati dei lavoratori.
Poznan pose automaticamente la questione della lotta per la direzione del partito. La repressione e sopratutto la calunnia usata contro gli scioperanti sollevarono un'ondata di opposizione popolare. Mentre una tendenza staliniana considerò lo sciopero come un prodotto della «democratizzazione» limitata e, con l'appoggio del Kremlino, tentò di limitare gli «eccessi» della libertà politica in seno al movimento operaio, un'opposizione di sinistra si coagulò decisa a ritrovare il contatto e l'unione con la classe operaia, mettendosi risolutamente alla testa di un movimento di democratizzazione di tutta la vita sociale. Il VII Plenum del C.C. polacco (agosto 1956), vide una importante vittoria politica di tale opposizione, ma la pressione del Kremlino fu sufficiente ad imporre al P.C. polacco una direzione paritetica che in pratica paralizzò l'applicazione della linea del VII Plenum.
Dall'agosto all'ottobre 1956, dal VII all'VIII Plenum del C.C., la lotta di tendenze si generalizzò in tutte le organizzazioni operaie e prese forme sempre più tumultuose e violente, trasformandosi in una lotta di frazione nel corso della quale, ogni frazione cercò un appoggio nel proletariato. La destra staliniana fece appello ai peggiori istinti antisemiti e sciovinisti e fece della demagogia rivendicativa; la sinistra «liberale» si appellò alla coscienza di classe e al desiderio di emancipazione degli operai. Così essa cominciò a mobilitare questi ultimi contro la burocrazia.
Allora il movimento di massa raggiunse un nuovo livello da troppo tempo sconosciuto. Spontaneamente gli operai delle fabbriche cominciarono ad esigere la gestione operaia delle aziende. La gioventù operaia e gli studenti si posero allora alla testa del movimento di democratizzazione politica e di ritorno a Lenin sul piano teorico. Quando Gomulka si alleò alla frazione di sinistra ai primi di ottobre, la sua vittoria sembrava sicura. Messa alle strette, la frazione staliniana chiese l'aiuto del Kremlino; l'intervento brutale della delegazione staliniana all'VIII Plenum provocò una mobilitazione generale del proletariato che occupò le fabbriche, si armò e costituì dei consigli. Dopo quattro giornate di febbre rivoluzionaria, l'opposizione s'impadronì della direzione del Partito. La rivoluzione politica in Polonia aveva vinto una prima tappa decisiva.
Per i suoi molteplici legami con il proletariato nel cui seno essa si è profondamente radicata durante i sei mesi lotta politica violenta; per la chiarezza della sua critica dello stalinismo che molto si avvicina al marxismo rivoluzionario; per il suo programma di mobilitazione dei lavoratori che riprendono nelle loro mani la direzione dell'economia; per la sua accanita difesa delle libertà democratiche in seno al movimento operaio, la tendenza di sinistra che si è associata alla frazione centrista di Gomulka per rovesciare la direzione staliniana del PC polacco, può essere considerata, sopratutto nella sua parte più avanzata, la gioventù, come un embrione della nuova direzione marxista rivoluzionaria del proletariato polacco in via di formazione. L'alleanza di questa tendenza con la frazione di Gomulka rimane instabile, esposta all'influenza contraddittoria che viene esercitata sulla frazione centrista da una parte dalla pressione delle masse — ciò che la spinge ogni volta a sinistra — e dall'altra dalla pressione dell'apparato burocratico polacco o dalla burocrazia sovietica — ciò che la allontana periodicamente. I rapporti delle forze sociali e soprattutto l'audacia e la tattica giusta della sinistra decideranno di questa evoluzione. Il modo in cui la tendenza di sinistra rimarrà fedele al suo programma, lo applicherà praticamente e si legherà ancora più intimamente al proletariato, determinerà, con ciò stesso, la sua capacità di condurre pienamente la funzione di guida leninista della classe operaia polacca.

10) - La rivoluzione politica in Ungheria è scoppiata in condizioni molto più sfavorevoli di quelle che hanno permesso la vittoria della prima tappa della rivoluzione polacca. Fra queste condizioni sfavorevoli, bisogna indicare:
a) la tradizione marxista molto più limitata del movimento operaio, la tradizionale debolezza e le divisioni interne del movimento comunista.
b) il carattere più poliziesco e più odioso della dittatura staliniana (processo Rajk);
c) l'assenza di una direzione di ricambio, conseguenza dell'assenza di una tendenza largamente organizzata in tutto il partito e il movimento operaio.
Tutto questo fece sì che un gruppo di intellettuali e studenti, il «Circolo Petofi», non tutti comunisti, svolgesse una funzione di guida nella democratizzazione.
d) il fatto che gli elementi «liberali» ottenuto il potere nel 1953 ne erano stati cacciati dopo la caduta di Malenkov, con la conseguenza di una epurazione nel partito di molti elementi di sinistra e un irrigidimento degli elementi staliniani;
e) l'assenza di un segnale d'allarme simile a quello di Poznan, che ritardò la costituzione di una larga frazione Nagy e permise agli elementi staliniani di rifiutare fino all'ultimo qualsiasi sostanziale concessione alle masse (le ritardate dimissioni di Rakosi, l'intervento contro il «Circolo Petofi» ecc.);
f) le vere provocazioni criminali di cui si resero colpevoli gli stalinisti di fronte a un movimento di massa potente ma ancora pacifico e non fuori dal quadro della «democrazia popolare»: discorso di Geroe del 22 ottobre, le sparatorie del 23 ottobre, l'appello per un intervento delle truppe sovietiche.
Questi differenti fattori spiegano perché l'ascesa del movimento di massa che, dal XX Congresso del P.C. sovietico fino alla caduta di Rakosi e anche fino alla vittoria della prima fase della rivoluzione in Polonia, si era svolta parallelamente all'ascesa polacca, ha preso bruscamente un carattere più violento, e, a cominciare dal 23 ottobre 1956, si è trasformata in uno sciopero generale insurrezionale contro la dittatura burocratica.
Questo carattere più spontaneo della rivoluzione politica in Ungheria ha dato una forma proletaria classica ai suoi mezzi di lotta e di organizzazione: manifestazioni di strada e occupazioni di fabbrica, alleanza dell'esercito con il popolo, armamento generale dei lavoratori, costituzione di consigli operai, di soldati e di studenti in tutto il paese.
Così erano riuniti tutti gli elementi obiettivi per una vittoria rivoluzionaria rapida e schiacciante, che poteva condurre a un livello più alto tutto il movimento rivoluzionario mondiale. Ed è essenzialmente il pericolo di questa vittoria e non già il pericolo controrivoluzionario, che ha indotto il Kremlino — dopo varie esitazioni e molteplici capovolgimenti di politica — a intervenire militarmente contro la rivoluzione ungherese che minacciava di estendersi in tutti i paesi «satelliti» e nella stessa URSS. Ma il carattere essenzialmente spontaneo dell'insurrezione del 23 ottobre e l'assenza di una direzione rivoluzionaria capace di coordinare rapidamente le forze proletarie e di guidarle decisamente verso la costituzione di una repubblica democratica indipendente dei consigli, hanno permesso delle libere manifestazioni di tutte le correnti della popolazione, la riapparizione di partiti piccolo-borghesi e borghesi, e persino l'inizio di un'attività controrivoluzionaria, che ha fornito all'intervento del Kremlino una parvenza di giustificazione ed un'alibi colto al volo.
Il popolo rivoluzionario armato, che era insorto per strappare le fabbriche e il potere ai burocrati, non avrebbe mai tollerato che questi fossero restituiti agli antichi padroni, capitalisti e proprietari terrieri. Esso era sufficientemente potente per impedire qualsiasi vittoria della controrivoluzione, ma proprio perché esso mancava di una direzione rivoluzionaria all'altezza del suo compilo si ebbe un prolungamento del periodo transitorio di confusione durante il quale la reazione potè organizzarsi e manifestarsi. Più la burocrazia sovietica tardava a ritirare le sue truppe dall'Ungheria più essa interveniva direttamente contro la rivoluzione e più i sentimenti nazionali dovevano esacerbarsi e diventare anzi la preoccupazione prima delle masse.
Nagy e i suoi amici, preoccupati innanzi tutto di riprendere in mano la direzione del movimento, non potevano quindi che adattarsi a questa evoluzione dei sentimenti popolari ed entrare in aperta collisione anche con le tendenze più «liberali» della burocrazia sovietica.
Gli interventi militari sovietici contro la rivoluzione ungherese sono stati dei crimini che hanno dato un colpo notevole all'Unione Sovietica e al movimento comunista internazionale. Questi interventi hanno fatto regredire lo stesso Partito Comunista ungherese, oggi completamente isolato dal proletariato del suo paese. Tuttavia non hanno potuto spezzare la magnifica combattività dei lavoratori ungheresi. Questi non hanno perduto che la prima fase della rivoluzione politica: questa si risolleverà invincibile dal bagno di sangue voluto dal Kremlino — e già Kadar è costretto a conservare una parte delle conquiste del 23 ottobre. Incoraggiata da una resistenza passiva accanita e da una pressione delle masse che non si rilasserà più, la rivoluzione riprenderà il suo cammino e ristabilirà, con la democrazia proletaria, piena ed intera, il prestigio del comunismo in Ungheria

11) - Il XX Congresso del Partito Comunista dell'URSS, il rapporto Krusciov, la rivoluzione politica in Polonia e in Ungheria hanno esercitato un'influenza profonda sui P.C. di tutti gli stati operai, compreso quello cinese, in cui si era manifestato un certo ritardo nella «destalinizzazione» che si spiega soprattutto con lo stato di arretratezza del paese e le enormi difficoltà obiettive che dovevano essere affrontate dal PC cinese. Ma la pressione della corrente della «destalinizzazione» è stata abbastanza forte per imporre al Congresso del PC cinese talune concessioni verbali importanti — ed in particolare, a favore del diritto alle «tendenze», del diritto delle minoranze a difendere le loro idee nel seno stesso del partito comunista anche dopo le decisioni della maggioranza — e persino della necessità di consentire l'esistenza di parecchi «partiti democratici» nello Stato operaio. Queste idee, anche se non sono state attuate in Cina, eserciteranno una grande influenza su molti partiti comunisti specialmente in Asia.
D'altro canto, le pressioni contraddittorie delle forze sociali, rivoluzionarie e conservatrici, su scala internazionale e all'interno stesso della Cina, sembra che abbiano provocato delle divergenze serie in seno alla direzione del Partito Comunista Cinese. Mentre per un'ala di tale direzione l'appoggio dato alla repressione della rivoluzione ungherese sembra essersi accompagnato a un'analisi del fenomeno burocratico orientata verso una concezione della «destalinizzazione» più avanzata di quelle sviluppate sinora da qualsiasi tendenza del Kremlino (relazione orale di Mao-Tse Tung sul movimento di rettifica e sulle «contraddizioni» del popolo), un'altra ala, per il momento vittoriosa, sembra sia riuscita a far fare macchina indietro rapidamente al partito (differenza fra i discorsi di Mao e la versione scritta e pubblicata di tali discorsi, ondate di repressioni etc.). Le differenziazioni sociali che esistono nella Cina stessa, l'ondata di scioperi, la resistenza dei contadini al movimento di collettivizzazione agraria, le ribellioni degli studenti hanno senza dubbio convinto la maggioranza dei dirigenti della burocrazia che qualsiasi orientamento «gomulkista » avrebbe provocato a breve scadenza un sollevamento di massa.
L'opposizione si è manifestata anche nei paesi nei quali la dittatura burocratica non ha dovuto immediatamente far fronte ad un movimento di massa (Germania Orientale, Cecoslovacchia, Albania, Romania e Bulgaria); i dirigenti staliniani hanno dovuto fare talune concessioni, soprattutto economiche, alle masse, ed hanno dovuto altresì promettere riforme politiche in senso democratico. Se i fatti di Ungheria ritarderanno inevitabilmente l'esplosione di movimenti di massa in questi paesi, spingendole ad un maggior conformismo verso l'apparato staliniano, preso nel suo insieme, le loro ripercussioni lontane renderanno più violente e più radicali le inevitabili sollevazioni contro la burocrazia.
Uno degli effetti più spettacolari della rivoluzione ungherese è stata la dichiarazione sovietica del 30 ottobre '56. Questa dichiarazione si sforzava di stabilire le relazioni fra le democrazie popolari e l'URSS su una nuova base, riconoscendo così implicitamente l'elemento di oppressione nazionale che il Kremlino aveva introdotto nei rapporti reciproci fra Stati operai.
Se il brutale intervento del Kremlino nella rivoluzione ungherese smentisce clamorosamente le proteste di buona fede della burocrazia, la sua dichiarazione del 30 ottobre sarà egualmente invocata contro di essa ogni volta che una tendenza di un PC delle «democrazie popolari» cercherà di emanciparsi dalla tutela del Kremlino. Essa così diventerà, all'insaputa della burocrazia, una nuova bomba ad effetto ritardato che farà volare in frantumi i rapporti di subordinazione fra partiti comunisti e Stati operai.
Le ripercussioni immediate della rivoluzione ungherese possono aiutare una frazione momentaneamente predominante al Kremlino a «irrigidire» di nuovo il suo atteggiamento verso le «democrazie popolari». Ma la pressione delle masse non può non aumentare in questi paesi. Il fermento di indipendenza nazionale e di autonomia dei PC nei confronti del PC sovietico non può non «contagiare» una gran parte della gioventù e degli stessi militanti comunisti. Il processo di trasformazione delle relazioni fra Stati operai, da relazioni di oppressione nazionale e di sfruttamento economico in relazioni di uguaglianza e collaborazione fraterna, è irreversibile.
Più la burocrazia si rende conto della portata di questo processo e più si vede costretta a sostituire alla sua vecchia politica di sfruttamento una politica di effettivo aiuto economico ai paesi dell'Europa orientale, allo scopo di stabilire un'alleanza che abbia un minimo di solidità con i gruppi burocratici dirigenti. Qualsiasi tentativo di ritornare al vecchio rapporto di flagrante subordinazione e sfruttamento economico rischia di provocare rivolte a breve scadenza, che al Kremlino si cerca di evitare ad ogni costo.

12) Le tesi sulla Ascesa e declino dello stalinismo avevano caratterizzato il periodo aperto dalla morte di Stalin e dalla crisi acuta della burocrazia sovietica come un periodo in cui si venivano maturando rapidamente le condizioni favorevoli per la ricostituzione della sezione sovietica della IV Internazionale. L'esperienza della Rivoluzione polacca e ungherese ha confermato completamente questa previsione. Spontaneamente, sulla base della loro esperienza e riallacciandosi alla tradizione leninista viva nella storia del comunismo mondiale, nuclei di comunisti di sinistra sono arrivati a posizioni programmatiche vicine a quelle della IV Internazionale. La formazione di questi nuclei è inevitabile anche in URSS, se già non si è verificata. Aiutando questi nuclei a chiarificare interamente la loro analisi della dittatura burocratica e il loro programma per la rivoluzione politica, indicando loro la via per mantenere profondi contatti con le masse e la loro integrazione nelle larghe correnti di opposizione comunista più o meno centriste, che esistono o si stanno formando in tutti i paesi sotto la dominazione del Kremlino, la IV Internazionale si sforzerà di arrivare nel più breve tempo possibile alla costituzione di vere sezioni, di autentiche organizzazioni trotskiste in questi paesi. Questa sarà la migliore garanzia perché la nuova direzione rivoluzionaria del proletariato si tempri rapidamente nel fuoco della rivoluzione e perché siano ridotti al minimo i rischi di confusione e di ripresa temporanea delle forze controrivoluzionarie nel corso di sollevazioni delle masse.

III — Il programma della IV Internazionale per la rivoluzione politica

Lo sviluppo della rivoluzione polacca e ungherese, la rapida maturazione delle condizioni oggettive e soggettive della rivoluzione politica anche nell'URSS, l'apparizione di correnti di opposizione nei partiti staliniani e nelle «democrazie popolari», nonché la discussione internazionale aperta dalla crisi attuale della dittatura burocratica, rendono imperiosa la formulazione da parte della IV Internazionale di un programma più dettagliato e preciso per questa rivoluzione. Non si tratta di un programma di rivendicazioni immediate o transitorie che potrebbero condurre alle prime azioni di massa contro la dittatura burocratica. Rivendicazioni del genere, seguendo in linea di massima le linee della rivendicazione incluse nel Programma transitorio per l'URSS. debbono essere elaborate dai marxisti rivoluzionari dell'URSS e delle democrazie popolari, sulla base delle condizioni concrete che esistono in questi paesi. Il programma che abbozziamo è il programma che i marxisti rivoluzionari presentano alle masse già risvegliate e politicamente attive. E' il programma per l'edificazione della democrazia sovietica nello Stato e nell'economia, problema cruciale della rivoluzione politica attorno al quale si concentra la discussione tra gli operai avanzati, come hanno dimostrato gli esempi della Polonia e dell'Ungheria.
Questo programma non può basarsi semplicemente sulla generalizzazione dell'esperienza dello Stato operaio democratico dei primi anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre, ma deve basarsi anche sulle molteplici esperienze che da allora il movimento operaio ha accumulato: esperienza della degenerazione dello Stato burocratico sovietico; esperienza della degenerazione della III Internazionale e dei Partiti comunisti; esperienza della rivoluzione spagnola; esperienze, sia positive che negative, delle rivoluzioni jugoslava, cinese, polacca e ungherese; esperienza delle cosiddette «democrazie popolari» e delle rivendicazioni avanzate dall'avanguardia proletaria e dalla gioventù rivoluzionaria in lotta aperta contro la dittatura burocratica per l'affermazione di un vero potere sovietico (specialmente le giornate del 16 e 17 giugno 1953 a Berlino Est e in tutta la Repubblica Democratica Tedesca; la fine di maggio 1953 in Cecoslovacchia; le rivolte a Vorkuta e negli altri campi di lavori forzati nell'URSS dopo il secondo semestre 1953; lo sciopero del giugno 1956 a Poznan etc).
I sindacati di questi paesi sono ancora di natura contraddittoria, poiché la burocrazia li considera come loro strumento, mentre gli operai a volte nutrono la speranza — dimostratasi fondata il 17 giugno nella Germania orientale, a Poznan e in Ungheria — di poterli nuovamente usare ai loro fini.
Per tutte queste ragioni lotte di tendenze possono scoppiare più facilmente in questi partiti che nel PCUS e soprattutto queste lotte possono avere un'eco più vasta alla base e in strati più avanzati della classe operaia. Poiché quest'ultima si trova a vivere in condizioni assai peggiori della classe operaia sovietica, queste lotte di tendenza costituiscono una fase preparatoria dell'azione delle masse. Queste condizioni obiettive nel loro insieme, unitamente alla maggiore debolezza dell'apparato burocratico dello Stato e del partito, riducono considerevolmente il divario tra lo scoppio delle lotte di tendenza, sotto la pressione di tutte le contraddizioni sociali, e l'inizio della rivoluzione politica delle masse.
D'altra parte l'isolamento dell'apparato burocratico rispetto alla società nel suo insieme è assai maggiore nelle «democrazie popolari» che nell'URSS. L'apparato giunto dal di fuori si trova di fronte a forze autonome di classe ancora vive: non ha ancora potuto circondarsi di un largo strato di artistocrazia operaia, dispone di mezzi materiali infinitamente più limitati, è stato amputato in seguito alla serie di epurazioni degli anni 1948-1953.

13) L'organizzazione dello stato operaio deve essere riesaminata alla luce della teoria leninista classica su questo argomento alla teoria della democrazia sovietica concepita come allargamento e non restrizione dei diritti e delle libertà democratiche di cui possono disporre le masse lavoratrici nel loro complesso in confronto a quelle di cui usufruiscono negli stati capitalisti, anche i più democratici. Dittatura del proletariato e democrazia sovietica sono sinonimi nel senso che la concessione di libertà politiche illimitate alle masse lavoratrici può e deve essere accompagnata da una restrizione o persino da un rifiuto di libertà politiche a tutti i rappresentanti delle classi ostili, a tutti coloro che operano per il rovesciamento dello Stato operaio basato sulla soppressione della proprietà privata dei grandi mezzi di produzione.
In pratica l'esercizio reale del potere da parte dei Soviet, dei consigli liberamente eletti dai lavoratori manuali e intellettuali delle città e delle campagne, è possibile solo se esistono le seguenti garanzie:
a) libertà di organizzazione per tutti i partiti che accettano la legalità sovietica, cioè si pongono entro il quadro della costituzione dello Stato operaio;
b) libertà effettiva di stampa e di riunione, cioè diritto per ogni tendenza operaia sostenuta da un numero minimo legalmente stabilito di operai manuali e intellettuali (o in virtù di un parere dei Soviet) di ottenere sale di riunione, tempo a disposizione alla radio e alla TV, carta di giornali e installazioni tipografiche in proporzione alle disponibilità esistenti;
c) elezione e rielezione periodica dei membri degli organismi legislativi centrali e dei principali funzionari centrali, provinciali e locali, a scrutinio segreto e con molteplicità di candidati o di liste in rappresentanza dei vari partiti sovietici;
d) limitazione degli stipendi dei funzionari dell'amministrazione, prima di tutto dell'amministrazione statale, alla misura del salario di un operaio qualificato;
e) elezione e rielezione periodica dei giudici a scrutinio segreto, in modo da garantire la loro completa indipendenza nei confronti degli organi amministrativi dello stato. Giurisdizione contraddittoria con diritto di difesa assicurato in ogni caso e sulla base del diritto scritto;
f) scioglimento di tutti gli organismi permanenti di polizia segreta. Debbono essere sostituiti da milizie operaie pubbliche, che si valgano al caso dell'aiuto di organi ausiliari sottoposti continuamente al controllo pubblico dei Soviet.
Il principio leninista cui si ispira la IV Internazionale, è che se la violenza è necessaria nei rapporti tra il proletariato e il nemico di classe, deve essere esclusa dai rapporti che oppongono all'interno della classe operaia le diverse tendenze del movimento operaio e dai rapporti che oppongono all'interno del partito rivoluzionario le diverse correnti, tendenze o frazioni. Dittatura del proletariato significa uso della violenza contro il nemico di classe, in funzione della sua resistenza. Democrazia sovietica significa rifiuto di usare la violenza all'interno del movimento operaio ed esclusivo ricorso alla persuasione e all'esperienza da parte del partito rivoluzionario nei suoi rapporti con la classe operaia e gli altri strati di lavoratori. Siccome in pratica le frontiere tra la classe avversa e le classi lavoratrici non sono nettamente delineate; siccome molte condizioni oggettive possono portare il nemico di classe ad appoggiare le tendenze più conservatrici delle classi lavoratrici, l'avanguardia rivoluzionaria può trovarsi a volte dinnanzi ad una scelta dolorosa: o ammettere che si sviluppi una situazione pericolosa per lo Stato operaio o impiegare, per scongiurare il pericolo, metodi destinati a minare la fiducia dei lavoratori nell'avanguardia e nel loro Stato. Senza pretendere di enunciare verità assolute né dogmi, la IV Internazionale dichiara che, sulla base dell'esperienza del passato, è assolutamente chiaro che uno Stato operaio deve far fronte di continuo a due pericoli sinché non é assicurata la vittoria mondiale del socialismo: il ritorno della controrivoluzione capitalista e l'affermarsi della degenerazione burocratica. Più lo stato è debole più è forte la pressione nemica, più fanno difetto la fiducia della grande maggioranza dei lavoratori e la loro iniziativa e più qualsiasi misura di costrizione esercitata contro settori della propria classe mina la fiducia della classe nello stato e apre la porta alla degenerazione burocratica.
Per questo è dovere del partito rivoluzionario accettare il verdetto democratico dei Soviet, anche quando questi commettano errori gravi, che l'esperienza delle masse permetterà di riconoscere e correggere presto o tardi. E' solo in questo spirito che il principio: tutto il potere ai Soviet acquisterà tutto, il suo significato come base di organizzazione dello Stato operaio.
Sviluppando il programma della rivoluzione politica per il ristabilimento della democrazia operaia negli Stati operai, la IV Internazionale mantiene fermo il principio della difesa di tutti gli Stati operai contro l'imperialismo. Essa combatterà contro tutti gli sforzi dell'imperialismo per sfruttare la rivoluzione politica ai propri fini controrivoluzionari. Questi sforzi si accentueranno via via che la rivoluzione politica progredirà. Ciò rende tanto più urgente il compito di spiegare permanentemente dinanzi alle masse e ai quadri comunisti la nostra posizione tradizionale a questo proposito.

14) La degenerazione burocratica dell'URSS ha dimostrato che le radici della potenza dell'apparato burocratico risiedono nel suo dominio più o meno arbitrario sull'apparato di produzione e dello Stato. I rapporti tra l'apparato statale, l'apparato direttivo dell'economia e il partito rivoluzionario sono per questo decisivi allo scopo di assicurare lo sviluppo della democrazia socialista sovietica. Questi rapporti debbono essere regolati dai principi seguenti:
a) Distinzione fondamentale tra lo Stato operaio e il partito rivoluzionario: l'uno non deve confondersi con l'altro né esservi subordinato. Ciò significa in particolare che in nessun caso un organismo qualsiasi dello Stato — a maggior ragione un organismo della polizia — può intervenire nelle discussioni o nelle lotte di tendenza all'interno del partito. Ciò significa pure che nessun organismo statale eletto dalle masse (o il Soviet) può essere modificato nella sua composizione per decisione del Partito.
b) Elezione e controllo democratico dei dirigenti del partito da parte dei militanti con una rigida osservanza di tutte le norme di funzionamento del centralismo democratico: congressi e conferenze a scadenze fisse; elezioni dei dirigenti locali, regionali e nazionali a scrutinio segreto; libertà di organizzazione delle tendenze, incluso il diritto di pubblicazione di bollettini interni di tendenza; informazione e discussione alla base il più possibile completa prima che siano risolte divergenze importanti da parte degli organismi centrali, nessuna sanzione contro dei militanti senza accordo degli organismi di base di cui sono membri ecc.
c) Controllo democratico dell'apparato statale e dell'apparato economico da parte della massa del popolo lavoratore organizzato nei Soviet locali e nei Consigli di fabbrica. Elezione e revocabilità dei membri più importanti di questi apparati da parte di questi organi. Partecipazione attiva delle diverse tendenze politiche esistenti alla scelta dei dirigenti e dei programmi d'azione contrapposti.
d) Soppressione di privilegi materiali connessi all'esercizio di funzioni direttive (sole eccezioni tollerate quelle di tecnici non membri del partito, che dovranno essere tuttavia sottoposti ad un severo controllo da parte degli organi sovietici di base).
e) Principio della massima informazione e della massima pubblicità per tutte le questioni controverse in seno al partito, agli organismi statali e agli organismi economici direttivi. E' la condizione indispensabile perché il proletariato possa effettivamente dirigere lo stato e acquistare il più rapidamente possibile questa direzione nel modo più efficace.

15) L'organizzazione dell'economia socializzata, durante il periodo di transizione dal capitalismo verso il socialismo, è la pietra di paragone dell'evoluzione dello Stato operaio verso l'espansione della democrazia socialista fino al momento in cui la democrazia stessa deperisce come ultima forma dello Stato, o verso le deformazioni burocratiche dello Stato e la comparsa di nuove disuguaglianze sociali che possono arrivare fino a una degenerazione burocratica mostruosa. Come marxisti, sappiamo che la degenerazione burocratica dello Stato non può essere che una fase transitoria nella storia della lotta per il socialismo mondiale, fase resa possibile dall'insufficienza di basi materiali di cui dispone uno Stato, o un gruppo di Stati operai, e dal suo isolamento. Tuttavia, pur riconoscendo questa causa ultima della degenerazione, i marxisti non ammettono affatto un determinismo meccanicistico ed automatico, cioè l'inevitabilità di una degenerazione estrema di tipo sovietico. Essi riconoscono solamente che più la base materiale dello Stato operaio è povera, più è grave il rischio di deformazione burocratica dello Stato. Ma basandosi sulla dolorosa esperienza che è costata al proletariato sovietico e internazionale stragi, sconfitte e sacrifici evitabili, essi comprendono la necessità assoluta per l'avanguardia rivoluzionaria, per il fattore soggettivo, di controbilanciare nella misura del possibile il gioco delle forze obiettive spontanee nate dal bisogno, dalla pressione dell'ambiente ostile, dalla mancanza di cultura e di qualificazione ecc. E' essenziale concepire a questo proposito una divisione delle fusioni e dei poteri economici che limiti al massimo le possibilità di arbitrii burocratici, creando allo stesso tempo le migliori garanzie per lo slancio più armonioso possibile delle forze produttive. Questa divisione dei poteri deve stabilirsi schematicamente secondo il piano seguente:
a) Decisioni centrali (in un Congresso nazionale dei Soviet o Consigli operai), con discussioni democratiche di piani contrapposti, per quanto concerne le linee generali della ripartizione del reddito nazionale (politica di investimenti, tasso di sviluppo, politica dei prezzi e dei salari). La IV Internazionale respinge come antidemocratico e anticomunista il mito anarco-sindacalista dell'autonomia completa della aziende che non può che portare alla lotta di concorrenza tra le aziende stesse su un mercato, più o meno libero o più o meno monopolizzato, con tutte le ingiustizie che questo comporta (appropriazione da parte degli operai delle fabbriche più moderne di una parte del prodotto creato dagli operai delle fabbriche più arretrate ecc.), e col pericolo dello smembramento della economia pianificata;
b) Gestione delle fabbriche da parte dei consigli operai nell'ambito del piano generale elaborato dai rappresentanti eletti dalla totalità del proletariato. Questi Consigli devono controllare e, se necessario, modificare l'esecuzione del piano durante il suo corso e devono difendere, contro esigenze ingiuste dell'apparato economico centrale, gli interessi particolari dei produttori (norme di lavoro e dei salari nella loro concreta applicazione, licenziamenti e assunzioni, organizzazione del lavoro, ecc.). Essi devono eleggere il direttore e costituire allo stesso tempo la grande scuola di gestione, nella quale un numero sempre crescente di lavoratori viene iniziato, a turno, all'esercizio delle funzioni di amministrazione delle fabbriche.
c) Funzioni di controllo svolte dai sindacati che, davanti ai Consigli operai — rappresentanti anzitutto il punto di vista della produzione — e agli organi centrali di pianificazione, devono soprattutto difendere gli interessi degli operai in quanto consumatori e cittadini che hanno determinate esigenze culturali. Essi devono discutere le norme generali del lavoro e dei salari e la loro applicazione ai rami dell'industria e alle fabbriche nel quadro dei contratti collettivi a scadenza fissa; devono vigilare alla sicurezza sociale dei lavoratori sotto tutti gli aspetti senza svolgere un ruolo amministrativo (che è compito dello Stato, cioè degli organismi locali di auto-amministrazione), devono sforzarsi di ridurre la durata dei tempi di lavoro, di aumentare le possibilità di ferie pagate e di partecipazione dei lavoratori alla vita culturale sotto tutti i suoi aspetti, ecc. Essi si devono basare, come il partito, sulla stretta regola dell'adesione volontaria, contrariamente ai consigli operai e ai soviet, per i quali ogni salariato dell'industria o della campagna ha automaticamente diritto al voto.
Nell'affermare l'importanza di queste divisioni dei poteri economici, la IV Internazionale afferma allo stesso tempo che qualsiasi struttura organizzativa, per quanto ideale, resta una forma vuota di contenuto sino a che non si realizzino la democrazia operaia politica e l'effettiva partecipazione alla vita politica di un numero crescente di proletari. In una economia pianificata la determinazione della ripartizione del reddito nazionale rappresenta la decisione fondamentale che assegna a tutti gli organismi di autogestione un quadro più o meno rigido cui essi non possono sfuggire senza disorganizzare l'insieme della pianificazione.
Sino a che una maggioranza di proletari non parteciperà a questa decisione, in modo diretto o indiretto (con i suoi rappresentanti liberamente eletti) e con cognizione di causa, non fisserà essa stessa il limite dei sacrifici cui essa consente per lo sviluppo delle forze produttive, non si potrà parlare realmente di una democrazia sovietica veramente compiuta. Sino a quando diverse correnti operaie non avranno il diritto di proporre dei piani alternativi generali o parziali a scelta dei lavoratori, questa partecipazione resterà più fittizia che reale.

16) Il socialismo è una forma di organizzazione sociale basata sull'abbondanza. Nel momento in cui il proletariato conquista il potere in un qualsiasi paese, compresi i più avanzati, le forze produttive esistenti non bastano ad assicurare una tale abbondanza a tutti i cittadini e a maggior ragione a tutti i cittadini del globo. L'epoca di transizione tra il capitalismo e il socialismo è dunque in ogni caso un periodo durante il quale il proletariato non potrà accontentarsi di una nuova e più giusta divisione delle ricchezze esistenti. Esso dovrà in tutti i modi assicurare un notevole aumento della produzione corrente della ricchezza e quindi delle riserve dei mezzi di produzione a disposizione della società per arrivare al suo scopo: l'organizzazione di una società che assicuri a ogni uomo il soddisfacimento pieno e completo di tutte le sue esigenze, senza calcolare questo soddisfacimento secondo la misura esatta del lavoro che l'uomo le avrà fornito in cambio.
Alla luce di questa tesi si potrebbe supporre che esista solo una differenza quantitativa tra i problemi di sviluppo della produzione che si pongono per uno Stato operaio o per un gruppo di Stati operai ancora poco industrializzati, e per Stati operai sorti in paesi in cui il capitalismo stesso aveva già da prima assicurato una vasta espansione dell'industria moderna. Non è così: vi sono tra questi paesi differenze qualitative per quanto riguarda i problemi posti dallo sviluppo di un'industria socializzata:
a) Dal punto di vista sociale, nel primo gruppo di paesi l'industrializzazione, anche se dispone dell'appoggio di un'economia socialista internazionale, si sviluppa in un ambiente ostile (la maggioranza della popolazione costituita da contadini piccoli produttori). Nel secondo gruppo di paesi, lo Stato operaio può contare, nella sua politica economica, sull'appoggio della maggioranza se non dei 2/3 Della popolazione.
b) Dal punto di vista economico, l'industrializzazione nel primo gruppo di paesi deve corrispondere a obiettivi combinati: sia agli interessi particolari dei lavoratori, all'elevazione del loro livello di vita o di cultura, ecc., sia alla necessità di differenziare la classe contadina (staccando uno strato di contadini poveri che possano integrarsi liberamente in una economia socializzata, e uno strato di contadini medi che possano essere neutralizzati nella lotta contro l'accumulazione primitiva dei potenti ricchi). Nel secondo gruppo di paesi, lo sviluppo dell'economia può essere fondamentalmente orientato verso il soddisfacimento delle esigenze crescenti della massa dei produttori, riservando per tutto un lungo periodo di transizione una parte importante del prodotto nazionale all'aiuto da accordare agli Stati operai meno industrializzati.
La IV Internazionale non afferma solamente il principio che è impossibile per uno Stato operaio imporre ai lavoratori un margine di sacrifici superiore a quello che essi liberamente accettano. Essa afferma allo stesso tempo che ogni tentativo d'innalzare sistematicamente per tutto un lungo periodo il tasso di accumulazione si ripercuote negativamente sia sulla produttività del lavoro sia sull'auto-disciplina dei produttori, e determina così enormi perdite e faux frais che annullano in gran parte i vantaggi previsti di una simile accumulazione. Non è redditizia, a lungo andare, che una pianificazione che stabilisca una proporzione armonica nello sviluppo dei vari settori dell'economia, tra l'industria, l'agricoltura, e l'organizzazione dei trasporti, e tra le diverse branche della stessa industria. La base di un simile sistema deve essere un progredire della produzione accompagnato da un accrescimento del livello di vita dei produttori. Più facilmente i produttori possono misurare essi stessi direttamente questi sviluppi paralleli, e più cosciente ed entusiasta diventerà la loro partecipazione creatrice allo sviluppo economico. Le esigenze di questo sviluppo economico di tutte le branche dell'economia escludono in partenza ogni politica di collettivizzazione forzata dell'agricoltura, fonte di arresto se non di regresso della produzione agraria e di gravi disordini nell'approvvigionamento di viveri alle città.
Senza escludere la necessità, che può presentarsi anche in futuro, che uno Stato operaio isolato su un determinato continente debba intraprendere con le proprie forze la costruzione di un'economia socialista, tutte le esperienze hanno dimostrato che la divisione internazionale del lavoro e l'aiuto reciproco tra diversi Stati operai su di una base di eguaglianza, rappresenta un fattore che facilita e stimola lo sviluppo dell'economia, un fattore in ogni caso indispensabile per raggiungere e superare il livello di vita, di produttività del lavoro raggiunti nei paesi capitalisti più avanzati, unico criterio della vittoria definitiva dell'economia socialista sull'economia capitalista. Qualsiasi idea di poter completare la costruzione di una economia socialista autarchica in un solo paese o in un piccolo gruppo di paesi, deve essere respinta come un mito reazionario.

17) La democrazia sovietica, obiettivo della rivoluzione politica negli Stati operai degenerati e della rivoluzione sociale nei paesi capitalisti, è inconcepibile senza un libero sviluppo della creazione artistica, del lavoro scientifico e di tutte le attività culturali dell'uomo.
Un tale sviluppo appare d'altronde sempre più come condizione indispensabile per la valorizzazione piena ed integrale della formidabile riserva di forze creatrici tecniche e produttive che la rivoluzione mette a disposizione della società nuova. Un libero sviluppo di questo genere non significa che il partito e l'avanguardia rivoluzionaria si astengano dal manifestare la loro opinione in merito alle molteplici controversie che possono verificarsi sul piano teorico. Ma ciò implica:
a) che il partito rivoluzionario sostenga attivamente con la propaganda e la persuasione tutte le tesi del marxismo e del materialismo dialettico e storico, che esiga sia assicurata la possibilità di insegnamento di queste teorie senza che lo Stato ne imponga l'adozione o l'esposizione esclusiva agli insegnanti e alla gioventù;
b) che nessuna tendenza scientifica, artistica o culturale che non sia considerata come progressiva o come la più progressiva da parte della avanguardia rivoluzionaria possa essere oggetto di repressioni o di provvedimenti amministrativi o impedita nel suo sforzo di produzione e di creazione;
c) che lo Stato non conferisca la sua investitura ufficiale né con vantaggi materiali, né con una distribuzione di posti gerarchici a una qualsiasi tendenza nel campo della scienza, delle arti o della produzione culturale, campi che sono i più maturi alla applicazione integrale del principio dell'autoamministrazione;
d) che il partito distingua nettamente tra la scelta di obiettivi sociali, economici o culturali da realizzare in linea prioritaria (per esempio la soluzione prioritaria della crisi degli alloggi rispetto alle esigenze dell'estetica umanistica) e la necessità di difendere sul piano teorico (della pianificazione a lunga scadenza) principi corretti in relazione a questi obiettivi, anche se questi principi non sono immediatamente realizzabili.
La democrazia sovietica è egualmente inconcepibile senza la distruzione radicale di tutte le barriere che impediscono ancora oggi alla maggioranza dei cittadini di godere i doni materiali e culturali della civiltà. Essa deve garantire il carattere completamente gratuito dell'insegnamento a tutti i livelli, poiché la selezione dovrà operarsi solo secondo le capacità; deve garantire ad ogni cittadino cure gratuite senza discriminazione sociale di nessun genere. Deve assicurare ai giovani una partecipazione completa ed autonoma alla vita politica. Deve realizzare pienamente il principio «a lavoro uguale uguale salario», aiutare al massimo l'emancipazione della donna da una sottomissione millenaria e permettere allo stesso tempo una selezione professionale in favore della donna che tenga conto delle sue particolarità fisiche. Deve rivedere nello spirito della Rivoluzione d'Ottobre il codice del matrimonio, il diritto al divorzio e alla maternità volontaria (libera distribuzione di mezzi anticoncezionali e diritto all'aborto), i diritti dei figli, l'autoamministrazione nella scuola, nel senso dell'eguaglianza assoluta tra uomo e donna, dell'assenza di qualsiasi costrizione materiale di un essere umano su un altro.

18) La burocrazia sovietica aveva usurpato il potere sotto l'insegna del «socialismo in un paese solo»; è sotto l'insegna del vero internazionalismo proletario basato sulla eguaglianza tra tutte le nazioni, che trionferà la rivoluzione politica contro la burocrazia.
La burocrazia ha avvelenato i rapporti tra i diversi Stati operai, come pure i rapporti tra le varie nazionalità all'interno dell'URSS, con la sua brutalità sciovinistica grande-russa ed i suoi pregiudizi piccolo borghesi limitati.
La IV Internazionale condanna la concezione staliniana, secondo cui la subordinazione degli interessi del proletariato mondiale agli interessi della burocrazia del Kremlino sarebbe il criterio dell'internazionalismo proletario. Essa respinge egualmente la tesi centrista, antileninista, secondo cui lo sciovinismo della grande nazione che opprime deve essere condannato allo stesso titolo del nazionalismo delle piccole nazionalità oppresse. Pur innalzando ovunque la bandiera della solidarietà internazionale dei proletari, essa distingue nettamente tra lo sciovinismo grande-russo (e grande han) incondizionatamente reazionario, ed il nazionalismo delle piccole nazioni oppresse dalla burocrazia, che non è spesso che una deformazione della giusta rivolta contro l'oppressione nazionale di cui furono oggetto e che non può modificare la natura oggettivamente progressiva della loro lotta di emancipazione.
Per questo la IV Internazionale sostiene la parola d'ordine delle Repubbliche socialiste sovietiche indipendenti e sovrane di Polonia, di Ungheria, di Cecoslovacchia, di Jugoslavia, di Romania, di Ucraina, di Georgia, di Lituania, di Lettonia e di Estonia, pur auspicando nello stesso tempo la confederazione, su di un piede di stretta eguaglianza di tutti questi Stati operai, in una o più federazioni democratiche di Stati operai.
Uno Stato operaio democratico educherà i lavoratori e la gioventù nello spirito di un totale rispetto verso la personalità culturale di tutti i popoli, cui assicurerà uno sviluppo illimitato. Esso combatterà instancabilmente qualsiasi manifestazione di sciovinismo, di odio nazionale o razziale, di antisemitismo etc. Si sforzerà di stimolare in ogni occasione l'interesse, la solidarietà e la partecipazione cosciente dei lavoratori dello Stato operaio alle lotte dei proletari di tutti gli altri paesi del mondo. Qualunque tendenza al «ripiegamento nazionale», alla subordinazione degli interessi della rivoluzione internazionale ad una difesa dello Stato operaio, per importante e progressiva che sia, costituisce sempre un segno sicuro di deformazione burocratica.

19) La IV Internazionale concepisce il problema dell'Internazionale operaia con lo stesso spirito con cui concepisce il problema del partito rivoluzionario. Una Internazionale che unisca nel suo seno uno o più partiti al potere negli Stati operai, non può «dettare» la politica ai cittadini o ai governi di questi Stati più di quanto il partito non la detti agli operai organizzati nei Soviet. Essa può solo accrescere il peso della convinzione e del prestigio dei suoi argomenti sottoposti alla decisione del popolo lavoratore, e questo solo nella misura in cui l'esperienza abbia dimostrato al popolo lavoratore stesso che essa difende sistematicamente gli interessi collettivi del proletariato contro questa o quella deformazione particolare o nazionalista di questi interessi.
Concepita in questo spirito l'Internazionale rivoluzionaria, lungi dal perdere la sua «attualità» o la sua «importanza» dopo la conquista del potere da parte del proletariato in uno o più paesi, resta uno strumento assolutamente indispensabile per assolvere i compiti dell'edificazione mondiale del comunismo;
a) indipendentemente dalle manovre diplomatiche indispensabili che uno o più Stati operai possano essere indotti a compiere, l'Internazionale coordina la lotta di tutti i partiti rivoluzionari, compresi quelli che hanno già conquistato il potere, per una vittoria più rapida possibile della rivoluzione mondiale.
b) dopo la vittoria della rivoluzione, l'Internazionale si sforzerà di coordinare e di dare impulso alla pianificazione internazionale dell'economia nelle migliori condizioni possibili, anticipando le possibilità pratiche di federazione o confederazione di Stati operai.
c) l'Internazionale sarà lo strumento di coordinamento e di propulsione di tutte le attività dell'avanguardia rivoluzionaria degli Stati operai, nel quadro del processo di rivoluzione permanente sino alla realizzazione del comunismo mondiale, compito tanto più cruciale in quanto su questo piano tutta l'opera di generalizzazione teorica resta da compiere, e non può essere condotta a termine sulla base di esperienze nazionali frammentarie.
Sulla base dell'esperienza disastrosa fatta con il Komintern, poi con il Kominform durante l'epoca staliniana, molti militanti comunisti sono divenuti diffidenti verso l'idea stessa di una Internazionale basata sul centralismo democratico. Questa diffidenza non è affatto giustificata, e cedere a questa tendenza significherebbe abbandonare un elemento essenziale del marxismo rivoluzionario. Non è con la degenerazione dell'Internazionale comunista che si è iniziata la crisi mondiale del comunismo. E' in un partito, il partito russo, che la burocrazia ha innanzi tutto distrutto la democrazia per potersi allontanare dalla via leninista. Più l'Internazionale è forte e sottratta a qualsiasi influenza preponderante di una sola delle sue sezioni o di un piccolo gruppo di sezioni, e più essa facilita la lotta contro il pericolo di burocratizzazione di un partito o di uno Stato operaio, trasferendo verso il paese più minacciato da questo processo tutto il peso dei settori più sani del movimento operaio internazionale.
Per la stessa ragione, bisogna respingere qualsiasi idea di organizzazione internazionale «policentrica» o di relazioni puramente «bilaterali» tra i P.C. Lungi dal garantire una sana evoluzione del movimento operaio, queste formule opportuniste cercano solo di proteggere le burocrazie nazionali contro l'influenza della rivoluzione internazionale.

IV — Declino e caduta dello stalinismo nei P.C. dei paesi capitalisti

20) La crisi dei partiti comunisti, che trae origine dalla contraddizione tra le aspirazioni rivoluzionarie dei loro militanti e la funzione di strumenti della politica estera sovietica che vuole imporre loro la burocrazia, ha avuto nel corso degli ultimi anni un duplice stimolo. Da una parte il progresso dell'ascesa rivoluzionaria nel mondo ha messo una serie di partiti comunisti di fronte a situazioni prerivoluzionarie o rivoluzionarie ed ha portato una parte dei loro militanti a manifestare il loro malcontento verso la politica opportunistica della direzione. In certi casi, come quello dell'Algeria e dell'Argentina, la pressione del movimento operaio e la pressione rivoluzionaria delle masse, è stata talmente forte da obbligare la direzione staliniana a compiere una notevole svolta verso sinistra e ad abbandonare una posizione che l'aveva posta inizialmente nel campo della controrivoluzione.
D'altra parte, lo scoppio della crisi della burocrazia nell'URSS e nelle democrazie popolari, ha potentemente stimolato lo sviluppo della crisi nei P.C. di tutti i paesi capitalisti. Questa crisi ha fatto irruzione fin dall'indomani della morte di Stalin; è stata fortemente accentuata dalla riabilitazione spettacolare di Tito; ha raggiunto un primo punto di rottura con il XX Congresso del P.C. dell'URSS per giungere rapidamente ad un secondo punto di rottura e a un vero e proprio parossismo dopo le rivoluzioni polacca e ungherese. Non è esagerato dire che i P.C. si trovano oggi divisi in due correnti: gli uni (P.C. polacco, jugoslavo, norvegese, americano, in parte italiano, belga e svedese, una forte opposizione in Gran Bretagna, Austria, Brasile etc.), che condannano il primo intervento sovietico in Ungheria e si rammaricano del secondo intervento anche se non lo condannano e s'identificano più o meno con la rivoluzione polacca: gli altri (P.C. sovietico, ceco, S.E.D., P.C. rumeno, bulgaro, albanese, francese) che s'indentificano fedelmente con la politica del Kremlino. Il P.C. cinese, seguito dalla maggioranza dei P.C. asiatici, sembra sostenere una parte intermediaria tra le due tendenze, pur associandosi negli sforzi del Kremlino per limitare gli effetti disgregatori della «destalinizzazione» nel movimento staliniano internazionale.
Le fonti di questo sviluppo clamoroso sono evidenti: nelle rivoluzioni polacca ed ungherese c'è la confluenza di due correnti che alimentano oggi la crisi dello stalinismo, la corrente rivoluzionaria oggettiva e la corrente soggettiva della «destalinizzazione». Inoltre, è in Ungheria che la burocrazia sovietica è stata portata per la prima volta dopo la guerra civile spagnola a sostenere un ruolo apertamente controrivoluzionario, cioé a reprimere direttamente uno slancio rivoluzionario delle masse su grande scala (l'esperienza del '53 in Germania era stata molto più limitata). Se in certe parti del mondo gli avvenimenti di Ungheria hanno coinciso con una situazione oggettiva che non è molto favorevole al movimento rivoluzionario delle masse, le cose stanno diversamente per quanto riguarda i paesi coloniali e semicoloniali su cui questi eventi hanno esercitato un ruolo di lezione e d'incoraggiamento diretto per le loro stesse lotte. La posizione staliniana «ortodossa» diveniva così ancor più insostenibile in questi paesi.

21) Le caratteristiche generali della crisi dei P.C., che valgono in misura diversa per tutti i P.C. dei paesi capitalisti, possono essere così riassunte:
a) dopo la morte di Stalin e sopratutto dopo le rivelazioni di Krusciov, la base stessa del sistema di pensiero staliniano, cioé la fede nell'infallibilità del Capo, del governo sovietico, e dei dirigenti del P.C. sovietico, ha ricevuto un colpo mortale. Tutte le questioni fondamentali del comunismo sono ora rimesse in discussione. D'ora innanzi, a ciascun evento importante in cui l'azione del governo sovietico sembri scontrarsi con gli interessi di una frazione e dell'insieme del proletariato mondiale, la validità di queste azioni sarà apertamente messa in forse da un numero crescente di militanti comunisti.
b) La perdita della fiducia che era alla base dell'obbedienza, provoca una vera e propria rivolta contro il rigido sistema di direzione burocratica dei P.C., contro l'assenza di libertà di discussione, contro la tirannia dell'apparato ed i metodi antidemocratici di cui quest'ultimo si vale per assicurare la sua permanenza alla testa dei P.C. Sempre più si levano delle voci per esigere un'applicazione reale e non formale del centralismo democratico (discussioni reali negli organi pubblici dei partiti prima dei congressi; riunioni periodiche di questi congressi; elezioni di dirigenti a scrutinio segreto; diritto di tendenza all'interno del partito o, in ogni modo, diritto — già acquisito nel nuovo statuto del P.C. cinese — delle minoranze di conservare le loro opinioni anche dopo essere state battute nei congressi).
c) Siccome, tranne poche eccezioni, le direzioni staliniane non cedono che parzialmente (con il fine di conservare la direzione del partito) o non cedono affatto dinnanzi a questa pressione democratica della loro base, l'avanguardia di questa base costituisce tendenze più o meno aperte o segrete, secondo il clima più o meno burocratico esistente nel partito, allo scopo di strappare la democratizzazione e il controllo dell'attività politica sulla base di piattaforme determinate che vengono elaborate da più parti e confrontate via via che si sviluppa la discussione aperta o segreta nel partito.
d) Inevitabilmente, queste tendenze e gruppi di opposizione devono rivedere sulla base dell'esperienza rivelata dal rapporto Krusciov i loro rapporti verso l'URSS ed effettuare una analisi della società e dello Stato sovietico (o anche, più generalmente, come nel caso del P.C. iugoslavo e del P.C. polacco, di tutti i problemi posti dal pericolo di transizione dal capitalismo al socialismo. La «questione russa» che il movimento trotskista internazionale aveva discusso durante un lungo periodo fa ora irruzione in tutto un settore dei P.C.
e) Scontrandosi col conservatorismo soddisfatto e coll'ignoranza degli apparati burocratici dominanti, queste tendenze di opposizione sono costrette rapidamente ad estendere le loro piattaforme non solo ai problemi dell'URSS, ma anche a tutti i problemi di dottrina comunista: rapporti con la socialdemocrazia, analisi del capitalismo contemporaneo, atteggiamento della questione coloniale, consigli operai, vie al socialismo, l'Internazionale, etc.

22) L'esperienza ha dimostrato che, secondo l'atteggiamento preso verso queste diverse questioni di attualità e di dottrina, le tendenze di opposizione che si cristallizzano all'interno dei P.C. possono essere classificate in due categorie: una tendenza di opposizione di destra e una tendenza di opposizione di sinistra.
La tendenza di opposizione di destra rappresenta lo sbocco logico dell'opportunismo di destra praticato da importanti P.C. durante lunghi periodi della loro esistenza (ed anche recentemente all'indomani del XX Congresso del P.C.U.S.), ma è un opportunismo che, nelle relazioni con il mondo capitalista, perde il freno principale che era rappresentato per la burocrazia dei partiti staliniani dalla loro subordinazione incondizionata alla burocrazia sovietica. Tali tendenze (Hervè in Francia, Giolitti in Italia, la maggioranza del Comitato Regionale di New York del P.C. americano, ecc.), prendono alla lettera le chiacchiere di Krusciov sulle vie nuove al socialismo, sulla conquista del potere per via pacifica e parlamentare nei paesi capitalistici, compresi i più grandi ed i più polenti, sul riavvicinamento con la socialdemocrazia. Esse subiscono rapidamente una involuzione in senso socialdemocratico fino al punto di rimettere in questione la legittimità della rivoluzione coloniale dal punto di vista degli interessi della «pace» o, più volgarmente, della «nazione» (cioè della borghesia imperialistica) del paese in cui si manifestano.
La tendenza di opposizione di sinistra si oppone invece contemporaneamente alle contraddizioni nell'interpretazione kruscioviana del fenomeno staliniano e al carattere fondamentalmente opportunista (periodicamente combinato con settarismo infantile) della politica del P.C. nazionale. Essa rimprovera alle direzioni dei P.C. la loro incapacità di profittare delle molte occasioni favorevoli per dare impulso e portare alla vittoria di movimento delle masse o rimprovererà loro l'incapacità di integrarsi realmente nel movimento operaio autonomo del paese. Essa desidera non la «socialdemocratizzazione» dei P.C., ma il ritorno a Lenin, non la «coesistenza pacifica» con la borghesia imperialista del paese, ma una lotta più decisa e più efficace contro questa borghesia. La tendenza Marty nel P.C.F., i gruppi di opposizione dei P.C. austriaco e brasiliano, vari gruppi di opposizione nel P.C. italiano, sono caratteristici di questa tendenza.
Sinché queste correnti si affermano all'interno dei P.C., o lottano ancora per il diritto di esprimersi apertamente, le sezioni della IV Internazionale che attuano una politica di lavoro di massa negli organismi influenzati dai P.C., difenderanno il diritto alla parola e alla rappresentanza democratica negli organismi direttivi di tutte le tendenze interne dei P.C. Dopo decenni di cappa di piombo burocratica, lo spirito critico del militante comunista di base ha bisogno di un lungo periodo di riflessione, di discussione e di conforto delle idee prima di poter ritrovare la capacità di orientarsi da sè nella vita politica. La tendenza di sinistra non ha niente da temere da un libero confronto delle diverse tendenze che faciliterà la cristallizzazione della vera avanguardia rivoluzionaria. Inoltre è impossibile affermare come rivendicazione principale il diritto all'organizzazione di tendenza e contestare questo diritto ad una tendenza con cui non si sia politicamente d'accordo. Per tutte queste ragioni, i trotskisti saranno all'avanguardia nella lotta per la democrazia interna nei P.C. verso tutti i militanti senza esclusione alcuna, pur invitando nello stesso tempo gli elementi più avanzati a costituire una tendenza di opposizione di sinistra,

23) Nei P.C. di massa dei paesi dell'Europa Occidentale (Francia e Italia), i problemi della destalinizzazione discussi all'interno dei P.C. sono esacerbati dalla flagrante incapacità di cui dà prova la direzione burocratica di questi partiti, di approfittare di numerose situazioni prerivoluzionarie e rivoluzionarie favorevoli allo sviluppo del partito. Tuttavia, allo stesso tempo, nella congiuntura generale che esiste in questi paesi e di fronte al fallimento ancora più clamoroso della socialdemocrazia (guerra d'Algeria ed avventura di Suez in Francia, collaborazione con la Democrazia Cristiana in Italia) i P.C. di questi paesi continuano a canalizzare la maggioranza e sopratutto la parte più combattiva del proletariato. In Italia la linea più «a sinistra» del partito di Nenni ne fa tuttavia un serio concorrente del P.C.I. Per questa ragione, le tendenze più sane e più a sinistra avranno la tendenza a restare all'interno dei P.C., mentre i raggruppamenti espulsi che si orientano a destra potranno degenerare rapidamente in formazioni centriste di destra se non socialdemocratiche di sinistra.
L'evoluzione delle rivoluzioni ungherese e polacca e i tentativi dei P.C. polacco e jugoslavo di influenzare ideologicamente altri P.C. operano nello stesso senso. Ciò non significa che le nostre sezioni debbano disdegnare in linea di principio il lavoro entro queste formazioni, sopratutto se hanno una certa consistenza numerica ed un'influenza in settori proletari. Ma questo lavoro resta subordinato alla nostra tattica generale che appare più che mai la sola tattica efficace per la costruzione di partiti rivoluzionari.
Lo stesso discorso non vale per le piccole sette staliniane dell'Europa Occidentale (P.C. tedesco, inglese, belga etc.). La crisi dello stalinismo è qui alimentata, oltre che dalle ripercussioni generali della destalinizzazione, dal declino catastrofico dell'influenza dei P.C. tra le masse, dal loro isolamento pressoché completo rispetto al movimento operaio organizzato, dalla loro incapacità, malgrado l'alternarsi periodico di tattiche settarie ed opportuniste di destra, di «riavvicinarsi alla base socialdemocratica». Le tendenze comuniste di destra sono in questi partiti particolarmente capitolarde ed arrivano in generale a proporre un puro e semplice scioglimento dei P.C. Le tendenze comuniste di sinistra, nella misura in cui non sono paralizate da un completo settarismo verso il movimento di massa, si orientano rapidamente verso una tattica simile a quella seguita dal nostro movimento. Pur continuando a proporre loro in un primo tempo una lotta all'interno dei P.C., per l'affermazione di una linea leninista, dobbiamo offrire come alternativa alla politica di destra la prospettiva di un lavoro all'interno della socialdemocrazia e dei sindacati su una piattaforma rivoluzionaria, nel quadro delle sezioni della IV Internazionale. Questo lavoro non ha lo scopo di adattarsi all'opportunismo dei capi riformisti, ma deve permettere di limitare più rapidamente l'influenza di questi ultimi sugli strati più combattivi dei lavoratori. Con una tale piattaforma, confortata dai reali successi già realizzati in questo senso, dei comunisti di opposizione possono essere guadagnati al nostro movimento.
Nei P.C. dei paesi semicoloniali e coloniali la crisi dello stalinismo è alimentata particolarmente dalla politica opportunista di destra che il XX Congresso del PCUS ha imposto alle direzioni di questi partiti: subordinazione diretta e servile agli interessi della borghesia coloniale alleata alla burocrazia sovietica o da essa «neutralizzata». Nel clima generale della «destalinizzazione», una tale politica può portare allo sviluppo di potenti tendenze di sinistra all'interno di questi partiti. Tuttavia, la pressione del movimento rivoluzionario delle masse può portare in pratica la direzione di questi partiti o una parte di questa direzione ad abbozzare una svolta verso un orientamento rivoluzionario e a soffocare così sul nascere lo sviluppo di una tendenza autonoma di sinistra all'interno del partito.
Quali che siano le peripezie che subirà nella prossima fase la crisi dello stalinismo nei vari PC dei paesi capitalisti, l'ascesa rivoluzionaria che si sviluppa nelle «democrazie popolari» e nell'URSS ne fa presagire fin da ora lo sbocco finale: la sparizione dello stalinismo come corrente ideologica nel movimento comunista internazionale, il ritorno verso la socialdemocrazia (o verso formazioni centriste di destra analoghe) di una parte militanti dei PC odierni e il raggruppamento della parte più sana e della grande maggioranza dei militanti comunisti convinti nei nuovi partiti rivoluzionari che sorgeranno da questa crisi.

V — La rivoluzione politica nell'URSS e nelle democrazie popolari, tappa della rivoluzione socialista mondiale

24) La rivoluzione politica nell'URSS e nei paesi cosiddetti di democrazia popolare è di per sé un processo di rivoluzione permanente. Scatenata dall'ostilità accumulata dalle masse lavoratrici in seguito ai crimini della burocrazia, questa rivoluzione si sviluppa, secondo una sua logica, da una rivoluzione popolare cui partecipano tutti gli strati della nazione verso una differenziazione sociale sempre più rapida che può portare solo alla vittoria della tendenza più proletaria e più cosciente: quella che realizza la democrazia comunista preconizzando e realizzando la concentrazione di tutti i poteri nelle mani dei consigli operai e dei consigli di contadini poveri democraticamente eletti. Il carattere permanente della rivoluzione non si arresta alla conquista del potere da parte dei consigli operai. Al contrario questa conquista apre un periodo rivoluzionario di una eccezionale fecondità, in cui, grazie allo spirito di audacia ed alla iniziativa creatrice spinti sino alla loro più alta espressione sotto lo stimolo della rivoluzione, tutti gli aspetti della vita sociale saranno sottoposti ad una critica e a una revisione spietata allo scopo di produrre ovunque la rifioritura delle forme più avanzate di democrazia diretta, di eguaglianza e di solidarietà nella misura compatibile con il quadro materiale della società. Il rapido allargamento di questo quadro, in virtù di uno sviluppo prodigioso delle forze produttive liberate alfine dalla tutela burocratica e dell'estensione internazionale della rivoluzione, diverrà a sua volta oggetto della rivoluzione permanente, di cui questa fase perseguirà precisamente in modo sempre più consapevole un obiettivo fondamentale: il trionfo della democrazia sovietica nell'insieme degli Stati operai per un terzo dell'umanità e su un quarto del globo.

25) Ma la rivoluzione politica negli Stati operai burocraticamente degenerati o deformati non è solo un processo di rivoluzione permanente per la sua stessa dinamica. Essa rappresenta pure una parte integrante della dinamica mondiale della rivoluzione permanente, della rivoluzione socialista mondiale. E' infatti inconcepibile che la vittoria della rivoluzione politica in alcuni degli Stati operai esistenti e sopratutto la sua vittoria nell'URSS non eserciti un potente effetto sull'insieme del movimento rivoluzionario mondiale. Stati operai democratici non potranno non ritornare alle forme fondamentali dell'internazionalismo proletario. Lungi da avere interessi particolari da difendere che li obblighino a proseguire gli sforzi per mantenere sotto tutela il movimento operaio internazionale, essi aiuteranno e stimoleranno nella misura del possibile i movimenti di emancipazione dei lavoratori dei paesi capitalistici e dei popoli coloniali e semicoloniali.
D'altronde, oggettivamente e soggettivamente, il movimento operaio internazionale riceverà da un ristabilirsi della democrazia sovietica nell'URSS uno stimolo paragonabile solo agli effetti della Rivoluzione socialista d'Ottobre. L'effetto della propaganda borghese e della propaganda socialdemocratica contro il comunismo, esclusivamente basata sui crimini della burocrazia, verrebbe annullato. Il miglioramento possibile del livello di vita dei lavoratori nell'URSS e nelle democrazie popolari accrescerebbe la potente forza di attrazione di questi Stati sugli abitanti del mondo capitalista. La borghesia imperialista delle ultime potenze capitaliste si troverebbe rapidamente isolata in un mondo fondamentalmente ostile, e la maggioranza lei lavoratori passerebbe dovunque nel campo degli Stati operai e della rivoluzione coloniale. Il rafforzamento interno del movimento operaio della maggioranza di questi paesi porrebbe all'ordine del giorno molto probabilmente la questione della conquista del potere a scadenza breve.
Lo sviluppo concreto della rivoluzione nel mondo, all'indomani della seconda guerra mondiale, aveva fatto della rivoluzione cinese e della rivoluzione coloniale il motore principale della rivoluzione mondiale. Raggiungendo l'URSS e l'insieme dei paesi dominati dalla burocrazia sovietica, l'ascesa rivoluzionaria fa della rivoluzione politica contro questa burocrazia il secondo potente motore della rivoluzione mondiale. In questi paesi la rivoluzione si trova di fronte a milioni di proletari, qualificati e ad alto livello culturale, capaci oggi di risolvere i problemi della riorganizzazione socialista dell'umanità con la stessa coscienza con cui i lavoratori tedeschi o francesi avrebbero potuto farlo all'indomani della prima guerra mondiale. La prospettiva concreta di una vittoria della rivoluzione politica nell'URSS e la prospettiva dell'esercizio diretto del potere da parte del proletariato della seconda potenza industriale del mondo. Non potrebbe essere che il preludio della vittoria finale nella rivoluzione mondiale.